30 ottobre 2013

E' QUELLO CHE SAI CHE TI UCCIDE O E' QUELLO CHE NON SAI?




Quando uscii dal cinema dopo aver visto "Le ali della Libertà" e "La leggenda del pianista sull'oceano".
Quando Roberto Baggio segnò il pareggio alla Nigeria ad U.S.A. '94.
Quando ho sentito per la prima volta "Sole spento" dei Timoria per radio.
Quando hanno pubblicato le mie poesie. 
Quando mi distesi sulla spiaggia di Dubai, la pelle all'ombra delle palme e lo sguardo sull'infinito rifrangersi del blu sul bagnasciuga.
Quando ho stretto la mano ad Enrico Ruggeri.
Quando rividi dopo due anni il cane di mio nonno e lui mi riconobbe subito, impazzendo ed abbracciandomi.
Quando ho ascoltato "Tutti i miei sbagli" dei Subsonica a Sanremo.

Soffi di vita arrivati da un amico immaginario chiamato destino. Brividi sottopelle che sono lì ancora adesso.
Era la tarda primavera di tanti anni fa quando MTV, invece di mandare le sue solite vaccate modaiole, decise di passare "Non è per sempre" degli Afterhours. Era poco prima di cena e, alla fine del pezzo, avevo la pelle d'oca. Quell'amico immaginario mi disse "non sono immaginario" e mi fece un altro regalo.
Li conoscevo già, da quando ondeggiavano ipnotici nel video di "Voglio una pelle splendida". Mi ero innamorato alla follia della loro Marylin, ripresa poi splendidamente da Mina, ma da lì cominciai a perdermi nei testi di Manuel Agnelli: spesso labirintici, mai rassicuranti, talvolta accoglienti come carta vetrata.

  TRE VOLTE DENTRO GLI AFTERHOURS - di A. Vanzelli, D. Pace e V. Possidente

28 ottobre 2013

SESSO E CANZONI




I ricordi della mia infanzia hanno tinte tutte loro, i pastelli sbiaditi delle foto degli album impolverati e che nessuno apre più. Ogni tanto vado a riguardarle, mi fa stare bene. Io a tre anni, in piedi sulla cucina col pistolino di fuori e il più bel sorriso di sempre. La foto sul canotto a mare. Quel psichedelico pallone giallo con palle verdi e blu, mai visto un altro così. E poi il primo grembiule blu a scuola e la motoretta da poliziotto.
Conservo pochissime foto delle colonie estive passate in Toscana, ed è un peccato: furono giorni incredibili. La prima volta che ci andai avevo appena compiuto sei anni; quei venti giorni volarono senza nemmeno capire cosa stesse succedendo. L'anno dopo ero già più arzillo, col mio (orribile) codino di cui ero tanto orgoglioso. Le ragazze? Erano intralci, null'altro. Io volevo solo giocare a pallone, a pallavolo, e stare a contatto con gli animali e la natura.
Non comprendevo il tempo sprecato da alcuni amici in mezzo alle donnine di tredici anni, e tutte quelle dinamiche ormonali, ero troppo piccolo. Una sera, uno dei più scafati ci prese da parte e cominciò a raccontarci della vita e del sesso. "Il sesso?", pensai, "Sono maschio, cos'altro dovrei sapere?": ero senza speranza.
Ascoltavo con noia, cosa potevano avere di interessante le ragazze? Lui ci chiese se ci eravamo mai... ehm, toccati, e io chiesi: "Cosa mi devo toccare?": senza speranza, al quadrato e col fiocchetto in testa.
Iniziò ad andare nello specifico, spiegandoci come raggiungere il piacere aiutandosi da soli, in attesa di trovare la compagnia femminile per ovviare alla solitudine. Non capii nulla. E mentre loro si ficcavano tra le lenzuola delle belle del campo, io - illuminato - giocavo a pallone. Ho capito tutto ad anni di distanza. Sono però contento così, a sette anni meglio godersi quella cretina ma sana innocenza. Su una cosa aveva dannatamente ragione, il mondo gira e girerà sempre intorno a quella cosa. Cosa? L'asse terrestre no? Maliziosi...

                      QUANDO MUSICA ED EROTISMO S'INTRECCIANO

25 ottobre 2013

LA CADUTA DEL MITO




"Rimango sempre stupito quando vengono ragazze di 20anni a dirmi che vanno pazze per canzoni che ho scritto 25anni fa. Penso che siano istantanee di fasi che tutti attraversano, prima o poi. C'è il periodo in cui sei ribelle e urli "Siamo solo noi", quello in cui vuoi una "Vita spericolata", quello di "C'è chi dice no", dove prendi coscienza del mondo. Sono le fasi che ho attraversato io, con tutti i miei difetti. E' un talento che ho coltivato: ho fatto solo questo, nella vita. Per le canzoni, ho sacrificato tutto. Non ho mai pensato a nient'altro, compresa la mia pelle. L'avrei immolata, non gettata via. Alla fine sono uscite cose che hanno meravigliato anche me. Io la chiamo fortuna." Vasco Rossi - TV Sorrisi e Canzoni.

VASCO ROSSI Pt. 2 di Piero Chimenti

23 ottobre 2013

UN UOMO SEMPLICE IN UNA VITA SPERICOLATA




Non avevo dieci anni quando comprai la prima musicassetta di Vasco Rossi. Ero con mio fratello maggiore e ricordo che il titolare del negozio ci mostrò tutti gli album fin quando non trovammo l'unico che contenesse le canzoni che cercavamo, "Albachiara" e "Vita spericolata". Era "Va bene, va bene così", live del 1984. Delle altre canzoni o di chi fosse Vasco Rossi m'importava poco o nulla, sognavo solo una vita spericolata come quelle dei film!
Fin da allora mi ha sempre colpito il suo modo di comunicare, diretto e semplice. Ciò gli ha permesso di avere al suo seguito milioni di fan, fino a diventarne la guida, il loro Komandante. A tanto incondizionato amore, hanno spesso fatto da contraltare le feroci critiche arrivate taglienti sin dall'inizio della sua carriera. Salvalaggio nel 1980 lo definì un ebete cattivo e drogato. Alessandro Alfieri, saggista e blogger sulla "Guida Filosofia" (da guide.supereva.it) gli ha addirittura attribuito la responsabilità della deriva sociale e culturale del nostro paese.
Per capirci, Vasco o lo si ama o lo si odia, non esistono mezze misure. Per comprendere appieno il perchè del titolo, bisogna fare quattro passi nel passato, e capire come le sue canzoni siano entrate nell'immaginario italico.

                   VASCO ROSSI Pt.1 di Piero Chimenti - Antonio Chimenti

21 ottobre 2013

LA VOCE DELLA BUONA MUSICA




Non ricordo la prima volta che ho ascoltato Radio Deejay. Non appartengo ai nostalgici del Deejay Time, mitico programma di Albertino che spopolò tra la fine degli eighties e i '90. Mi sono avvicinato piano all'emittente di via Massena 2. La musica? Macchè, mai granchè sopportata, a dirla tutta. Sono stato ammaliato, ai tempi dell'università, dalle chiacchierate di Linus e Nicola Savino e dalle gag demenziali di Ciao Belli. Ho scoperto dopo qual era il programma più godibile a livello musicale, uno dei migliori in circolazione. Sto parlando di Tropical Pizza, ad opera di Nikki e Dj Aladin. Rock, metal, pop, hip hop, interviste, live, curiose incursioni nel paranormale, cinema e via così: cosa volete di più dalla vita? Un lucano?

           INTERVISTA A FABRIZIO LAVORO IN ARTE NIKKI - RADIO DEEJAY

17 ottobre 2013

PLAGI MUSICALI





Non ci ho mai capito nulla di matematica. Logaritmi, derivate, funzioni... Vuoto pneumatico, al liceo ero peggio di Zack di Bayside School e Willy, il Principe di Bel Air, messi assieme. Un anno riuscii a sedermi in fondo - miracolo - e la prof si lamentò perchè non prestavo più la stessa attenzione di quando ero al primo banco. Ma de che, seduto davanti ero costretto a guardarla durante le spiegazioni e si era illusa che io le dessi retta, mentre continuavo a pensare al fondoschiena di marmo di Rosa, vicina di aula, e alla squadra per il fantacalcio.
Ai compiti in classe mi barcamenavo scopiazzando a destra, a sinistra e pure al centro, per par condicio. Mai una volta che il secchione biondo della classe mi abbia passato qualcosa, dico una. Si è sposato in fretta e furia dopo aver messo incinta la sua ragazza, come mi dispiace...
All'università ho dovuto ricominciare da zero. Matematica l'ho data sei volte prima di passarla, sei, roba da regalarmi una calcolatrice a forma di orsacchiotto. Alla fine ce l'ho fatta, e senza copiare: il cugino Carlton, Jazz e Screech sarebbero stati orgogliosi di me.
L'ho presa larga, lo ammetto, ma quello che mi ha davvero infastidito è successo quando ho preso la qualifica da ultrasuonista, necessaria per il mio lavoro. Ecco, per due settimane mi sono fatto il mazzo per studiare - anche perchè mi è costata un botto - e fare bella figura, per eventuali agganci lavorativi. L'esame l'ho passato con 85 risposte giuste su 100, un ottimo risultato. Peccato però che mezza classe avesse trovato il giorno prima le risposte corrette - quelle dell'anno prima - e abbia conseguito risultati incredibili. Un tappetto meneghino ha fatto 100 su 100! Ecco, questo qui, sto gran bastardo, si è preso i complimenti pubblici di tutti, facendo la ruota come un pavone mentre io rosicavo. Voi direte, fosse capitato a te avresti copiato tale e quale... Uhhh, come siete pignoli!

   DA ZUCCHERO ALLA NANNINI, DAI LITFIBA ALLA BOYBAND DEL MOMENTO

15 ottobre 2013

QUELLI CHE AVREBBERO MERITATO DI PIU'




Ho ricordi in chiaroscuro del liceo, ombre allungate da un sole freddo. Ero svogliato - quello si - ma dipendeva dallo scarso feeling con me stesso e con chi mi circondava.
Non ero bello, anzi, il classico nerd occhialuto che in genere è l'ideale per il ruolo del secchione. Quando mai: non che fossi il Bruno Sacchi della classe, quello che collezionava 2, intendiamoci, ma mi barcamenavo tra sufficienze approssimative, oltre che tra amicizie prive di spessore.
Non trovavo sostegno neppure nei professori. Ho sempre pensato che il mestiere dell'insegnante sia complicato, ma che sia anche più complicato non finire per diventare dei grandissimi figli di mamma che batte. E' troppo facile stimare il primo della classe, il prof cazzuto invece è con i deboli che trova soddisfazione, aiutandoli a crescere. Peraltro la mia classe era piena di figli di papà e con loro era ancor più facile scivolare verso la deriva personale ed intellettuale.
Vedevo docenti chiudere un occhio in nome del rapporto che li legava al genitore di Gualberto Mangiabudella o di Giuseppina Canistracci mentre io, anche quando studiavo sul serio, mi dovevo accontentare di 6 stropicciati.
Si sa però che, come dice il saggio, "E tira e tira e tira il filo si spezza. E riempi riempi riempi e la bocca strabocca. E ci dai un dito e si prende l'inguine!" e così fu.

                                                  LUIGI TENCO E GLI ALTRI

12 ottobre 2013

I COWBOY NON MOLLANO MAI




C'è stato un momento in cui la carriera di Max Pezzali è arrivata ad un bivio. Sarebbe potuto andare ovunque - nord, sud, ovest, est - eppure a quel bivio ha indugiato troppo. Un paio di album non completamente a fuoco, alcuni singoli sbagliati (evento rarissimo nella sua carriera...) e persino una apparizione poco proficua a Sanremo, nonostante un pezzo dignitosissimo.
Il grande pugile, però, tira fuori sempre il suo destro migliore al round giusto. E cosi Max, pochi mesi fa, ha piazzato un gancio devastante, mettendo al tappeto i suoi affezionati detrattori e riprendendosi lo scettro. Si, perchè "L'universo tranne noi" ha spopolato, diventando uno dei tormentoni dell'estate e riportando le lancette del tempo a venti anni fa, agli "anni d'oro del grande Real" e dei mitici 883.
Alla presentazione del suo nuovo libro, "I cowboy non mollano mai", mi sono ritrovato circondato dall'umanità più disparata, dimostrazione lampante di quanto le sue canzoni siano transgenerazionali. C'era il quindicenne brufoloso che conosce due-tre canzoni recenti perchè le ha sentite alla radio o su youtube, vicino alla ventenne tutta in tiro, in abiti firmati e trucco vistoso. Di fianco a me: da un lato, una matura cinquantenne con la figlia liceale che stringeva tra le mani un vecchio greatest hits; a sinistra una giovane coppia con bimbo di pochi anni, "che porco Giuda potrei essere io qualche anno fa".
Nel bailamme, ragazzini vestiti da rapper, fidanzatini che limonavano beati e anche un sosia di Max: cappellino americano, occhi chiari e persino la stessa dentatura sgangherata di inizio carriera. Non ha lasciato proprio nulla al caso.

       STESSA STORIA, STESSO POSTO, STESSO MAX - MILANO 09.10.2013

10 ottobre 2013

I NOMI D'ARTE, DA GORDON SUMNER A STEVEN TALLARICO




John Deacon da giovane, gli altri due non li conosco.
Quando ero adolescente - non ne sono ancora uscito ma devo pur darmi un tono - facevo un simpaticissimo sciocco gioco con mio cugino Angelo. Ci chiedevamo il nome reale di un cantante e dovevamo indovinare chi fosse. Una cosa tipo: "Chi è Gordon Sumner? Ok, ora dimmi tu chi in realtà si chiama Robert Zimmermann... Ah, non lo sai? Non sai nulla, e ti prendi pure questa: sfiga di suora!"
Che risate grasse... Ah guarda... Che volete farci, sò ragazzi!
Il gioco chiaramente sconfinava nei nomi delle componenti delle band. Quella sera eravamo sul viale di Grottaglie, a cazzeggiare in mezzo alla folla. Dico folla per darmi un tono, c'erano tre sfigati come noi e una coppia di vecchi seduti alla panchina che dissertavano - con pacche vicendevoli e occhiolino - sulle cosce ben tornite della diciottenne appena passata.
"Questa è facile: John Deacon?" mi chiede Angelo a tradimento.
Orco Giuda, panico! Gilmour ce l'ho, John Bonzo Bonham ce l'ho, Deacon mi manca.
"Ma dai, è facilissimo! E' la regina delle band!"
Io, forse distratto dai glutei sodi della tipetta di cui sopra, mi lascio persino sfuggire il chiaro suggerimento ed alzo mestamente bandiera bianca. Gravissimo! Sfiga di suora a me, immortale come John Lennon.
Ah, se non sapete nemmeno chi è Gordon Sumner, tornare a guardare Barbara D'urso, è meglio... 

7 ottobre 2013

LUCIO DALLA, SOGNI E POESIA OLTRE LE NUVOLE




La musica è uno Stargate, la porta d'entrata verso un universo parallelo governato da dinamiche misteriose. Anni fa ho conosciuto Leonardo: brillante, gentile, sempre di buonumore, non si poteva definire bello, quello no. Aveva un faccino comune, era ingobbito e camminava come se avesse sempre un manico di scopa su per il c...appotto. Eppure quando suonava il suo sax diventava affascinante come David Bowie e le donne lo guardavano con gli occhi a cuoricino. C'era una biondina che mi piaceva davvero, Morena. Zero chance, non aveva occhi che per lui. Lo invidiavo, io che non sono andato oltre il flauto alle medie, e anche quello lo usavo più per schizzare di saliva i vicini di banco.
Era simpatico ma con un retrogusto di pesantezza; per lui esisteva solo il jazz e guardava tutti con quella puzzetta snobistica tipica di chi pensa "Voi non capite un cazzo di musica!".
Lasciò l'università - era una chiavica immonda - per seguire il sogno di fare musica. Ho saputo che è finito a lavorare come pizzaiolo e per tirare avanti suona in una cover band di Ligabue. Sono convinto che se ci reincontrassimo, gli troverei ancora in viso il "Voi non capite un cazzo di musica!". Meno male ne capisce lui...
La bellezza e Lucio Dalla non erano sinonimi - quando apparve sulle scene era vestito male e peloso - ma quando lo ascoltavi diventava il più bello di tutti. Anche lui ottimo jazzista, non si è mai posto su un piedistallo, lo snobismo non sapeva nemmeno cosa fosse.

A MODO MIO AVREI BISOGNO DI SOGNARE ANCH'IO di A. Vanzelli - A. Chimenti

1 ottobre 2013

VECCHI AMICI DA RIABBRACCIARE





Sabato sono successe due cose, luccichii da ricordare. Ho incontrato Rocco, un vecchio carissimo amico. Erano quasi otto anni che non ci vedevamo, un'eternità. Eravamo insieme all'università, condividendo i libri, i film, e soprattutto la musica. Partivamo con la sua Punto e un cd nello stereo bastava a farci stare bene. La vita e il lavoro ci hanno allontanato ma quando l'ho visto è come se il tempo ci avesse fatto un regalo, riportandoci alla magia di quei giorni senza lacrime.
Qual è la seconda cosa bella? Sono tornato a casa e ho ricevuto il messaggio di Alessio Ventura, il frontman dei Dhamm, e in un attimo un nuovo balzo all'indietro sulla Delorean dei ricordi, a quando conquistava Sanremo e le platee d'Italia. Parlare con lui è stato come ritrovare un altro amico, uno di quelli che non vedi l'ora di riabbracciare.



    INTERVISTA AD ALESSIO VENTURA - DHAMM di A. Vanzelli - A. Chimenti