12 luglio 2013

HO INCONTRATO MR. NOVEMBRE AI PRIMI DI LUGLIO



Credo di non aver mai timbrato il cartellino tanto velocemente quanto goffamente: avrei fatto la mia porca figura tra Fantozzi, Filini e la signorina Silvani. Appena uscito, via di corsa in macchina a fare benzina, direzione Milano: Ippodromo del Galoppo di San Siro, stasera suonano i The National.
Nonostante i Santi volati al cielo durante la ricerca del parcheggio nella City, siamo arrivati giusto in tempo per ascoltare Johnny "Fucking" Marr che, dopo aver reso grandi gli Smiths e dopo varie collaborazioni (Modest Mouse su tutte), sta portando in giro "The Messenger", il suo nuovo lavoro da solista.
Concedetemi una digressione...
Lasciando da parte l'improbabile tinta dei capelli, il chitarrista inglese - ormai arcinemico di Morrisey - ha mescolato i nuovi pezzi (su tutte, spicca "New Times Velocity") con quelli storici degli Smiths, in un'ora scarsa di concerto. "There is a light that never goes out" è da brividi, così come la chiusura con "How soon is now": a sentirle live ti fanno un pelo rimpiangere di essere troppo giovane.
La corsa in macchina (entro i limiti di velocità Marescià, sia ben chiaro!) per arrivare puntuale è stata del tutto ripagata. Peccato però aver perso Colapesce, che era in programma all'improbabile orario delle 18.45.
E' il momento della band newyorkese (o di Cincinnati?). Puntuali come da programma (a Milano i live iniziano puntuali, non come a Torino...), pochi minuti dopo le 21.30, Matt Berninger e le coppie di gemelli Dessner e Devendorf, accompagnati da due fiati, si presentano sul palco.

                   THE NATIONAL - MILANO 01.07.2013 di Vito Possidente

L'apertura è affidata a "I should live in salt" e a "Don't Swallow the cap", pezzi tratti dal loro sesto album, lo splendido "Trouble will find me".
Si incede con una buona alternanza tra canzoni dell'ultimo lavoro - già entrato nel cuore dei fan - e grandi successi, "Bloodbuzz Ohio", "Conversation 16" ecc., pezzi che hanno portato la band americana ad essere riconosciuta come quanto di meglio può offrire ad oggi il panorama dell'indie rock internazionale. 
Accompagnato dall'immancabile bicchiere di vino bianco, Berninger, nonostante un aspetto agli antipodi rispetto al clichè della rockstar e più simile ad un occhialuto docente universitario, riesce a convincere per bravura e presenza, con quel modo tutto suo di cantare "aggrappato di lato al microfono". E convincono anche la band e la scaletta. Molti pezzi dell'ultimo lavoro, già entrato nel cuore dei fan, si integrano perfettamente con i grandi successi.
"I need a girl" e "Pink Rabbit", due splendide ballate, trasmettono live tutto il sentimento intimamente nostalgico che caratterizza la band. Si resta lì, in balia, a farsi rapire.
Un'ora vola via in un amen, trainata da un ritmo inaspettatamente sostenuto. Matt si dimena, salta e si contorce durante gli assoli di uno dei due Dessner (non riesco proprio a distinguerli, abbiate pazienza). E così, tutto d'un fiato, ci si ritrova alla prima pausa con "Fake empire", canzone che ha anche fatto da colonna sonora alla campagna elettorale del primo mandato di Barack Obama.
Pochi minuti per riprendere il respiro (e stappare una bottiglia di rosso) ed ecco il quintetto tornare sul palco, per un finale da incorniciare, soprattutto le ultime tre canzoni.
"Mr. November" (molto attesa dal sottoscritto) parte tra il boato di una City Sound quasi piena e, improvvisamente, il cantante si fionda giù dal palco, andandosene a spasso tra il pubblico che lo rincorre e canta con lui. Sembra la scena di un meraviglioso film rock.
Stessa cosa accade per "Terrible love", che sancisce ancor di più, casomai ce ne fosse bisogno, l'alta qualità del live e la bravura della band nel coinvolgere il pubblico.
La chiusura è affidata ad una deliziosa versione acustica di "Vanderlyle crybaby geeks", cantata a luci accese e lontano dai microfoni. Con maestria, lasciano spazio ai fan, alla loro voce, e più che cantarla per il pubblico, sembra davvero che l'abbiano voluta cantare con chi era lì. Molto emozionante.
Andando via, ci scorreva sotto pelle la sensazione di aver assistito ad un signor spettacolo. 

Schegge sparse:
- I cellulari tenuti in alto sono simpatici come un'orgia di zanzare sulla tua faccia mentre cerchi di dormire. Cosa se ne fa la gente di video di 25 secondi con un audio pessimo?
- Andare ai concerti con le maglie di altri gruppi è dannatamente "in". Io ne indossavo una degli Alice in Chians (era un caso...) ma ho visto di tutto, dagli Swan agli U2, dai Joy Division ai Nirvana e poi Megadeth, Dinosaur Jr. ed Ex-Otago: sembra quasi si voglia dimostrare a tutti i costi di essere appassionati di musica. Ok, bello, ma forse un pò maleducato o fuoriluogo, fate voi.
- Quasi dimenticavo la cosa più importante: portatevi sempre dietro l'Autan!

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