30 maggio 2013

UNA CLASSIFICA FATTA DI CENERE E SABBIA





"Mamma, esco a giocare!"
"Hai finito i compiti?" ma io ero già fuori dalla porta, maglietta da calcio, pantaloncini e scarpette ben allacciate. Ah, e l'immancabile Super Santos, il migliore amico della mia infanzia.
Ogni pomeriggio era una partita differente, difficile ci fossero sempre gli stessi giocatori, e ogni pomeriggio era il più bello del mondo perchè erano tutte finali dei Mondiali per noi.
Bastava poco, quattro zaini a fare le porte o, più comunemente, quattro massi. Venivano tirate delle linee d'area alla bell'e meglio e arrivava il momento più tragico: quello di fare le squadre.
Erano sempre i più forti a decidere, la tensione aumentava. Ci si guardava tutti in faccia, finire coi più deboli equivaleva ad un pomeriggio di cazzi e sofferenza.
I due capitani tiravano a sorte chi dovesse scegliere per primo e tutto d'un tratto calava il silenzio. Una sfera rotolante passava tra i nostri piedi, come nei film western: ansia.
"Prendo Raffaele." - "Ok, Giovanni con me." - "Italo." - "Angelo, vieni."
Era la classifica dei più bravi. Io venivo scelto quasi sempre a metà, me la cavavo bene coi piedi quindi non avevo problemi. Ma quando si era in troppi o in numero dispari, qualcuno doveva rimanere fuori, a guardare. Ricordo i visi dei ragazzini più scarsi chiudersi nella più infinita tristezza. Durante le chiamate, aspettavano invano che qualcuno li scegliesse, che non li sottoponesse a quell'umiliazione, ma nulla.
Avrei dato una mano per non essere mai al loro posto.


       I 100 MIGLIORI DISCHI DI ROLLING STONE PARZIALMENTE SCREMATI

29 maggio 2013

DUETS





A Dubai ci ho passato due mesi, forse i più intensi della mia vita. Io e il mio collega - simpatico romanaccio dalla battuta pronta - ci alzavamo prima delle 6 per cominciare a lavorare presto ed evitare la terribile calura araba. Più che il caldo era l'umidità ad ucciderci: un giorno, alle 18, la misurammo con l'apparecchietto del laboratorio e misurava il 100%. Insomma, per stando fermi grondavamo acqua salata.
Bevevamo come cammelli ma serviva a poco: persi non so quanti chili, io che già sono pelle ed ossa.
Alle 11 e qualcosa mollavamo e ci chiudevamo in ufficio, rinfrancati dal condizionatore: ci uccideva, sudati com'eravamo, ma meglio quello che i 45gradi all'ombra.
Pranzo e poi, prima di riprendere, pennichella nelle tubazioni da 48 pollici: erano enormi, ci si dormiva che era un piacere, visto che erano stoccati e dalla parte dell'ombra c'era riparo.
Finivamo di lavorare verso le 18 e poi tornavamo a casa. Cena e poi fuori con la cameriera dell'albergo in cui risiedevamo. Cosa proibitissima, le impiegate dell'hotel non potevano avere rapporti coi clienti ma questo aumentava il gusto di vederci.
Tornavo spesso molto tardi e dormivo pochissimo, eppure mi sentivo vivo, come un fuoco che nasce nell'acqua, come un tulipano che filtra il cemento.
Una sera ero con lei, sul lungomare di Ras Al Khaimah, uno degli Emirati e la radio aveva appena finito di trasmettere Jack Johnson e la sua allegra "Upside Down", altro pezzo che porto nel cuore. Poche note e partì "I belong to you" di Eros Ramazzotti e Anastacia. A Dubai.
Non potete immaginare che bello fu ascoltare una canzone italiana lì, in quel momento, una botta d'adrenalina non da poco. Anche se ero nel posto dove avrei voluto essere, mi apparve casa. Lei non capì, fu un momento solo mio, e lo conservo ancora con cura.

                          I DUETTI PIU' BELLI E I CALCI NELLO STOMACO

27 maggio 2013

ONE SHOT BAND





Il 1998 mi porta sempre alla mente odori familiari, odori di prati e di buono. Era estate, ogni tanto uscivo a Grottaglie con i compagni di scuola ma, perlopiù, me la facevo al paese.
Mio padre lavorava, mia madre e mia sorella andavano a mare e io poltrivo sino a tardi, avendo poi casa libera. Cazzeggiavo amabilmente e spesso mi raggiungeva Ivan, un caro amico, siamo cresciuti insieme.
Quell'estate era single, si era lasciato da non molto, e nella compagnia c'era fermento perchè cresceva una reciproca simpatia tra lui e una ragazza del gruppo. Lui veniva da me a confidarsi, parlavamo per ore, risate e ricordi in naftalina.
Era combattuto, non sapeva se proporsi, impaurito da un rifiuto. Io lo tranquillizzavo, gli facevo coraggio (come se ne avessi mai avuto...) e gli dicevo di farsi avanti che sarebbe andato tutto bene. E così fu, tempo qualche giorno e scoppiò l'amore. La storia non durò, a causa di minchiate che non centravano proprio nulla col loro sentimento, ma oggi poco importa. Credo che tutti ricordino con piacere quei giorni d'estate, tra sinceri battiticuore e vita che entra.

                                         LE METEORE DELLA MUSICA

24 maggio 2013

COVER TO DISCOVER





Avrò avuto dieci o undici anni ma non ci giurerei. Avevamo cambiato casa da poco e uno dei miei migliori amici era Luigi, un mio compagno delle elementari.
Non abitava vicino a noi ma quando potevo, andavo a trovarlo. Aveva una casa spaziosa, una mamma solare e una sorella piccolina troppo tenera.
Ricordo una volta, stavamo giocando e lei ci gironzolava attorno, curiosa. Luigi le disse "Vai a fare la pipì che sennò te la fai addosso." e lei "Ma non devo farla!", "Muoviti che mi arrabbio!" e lei "Non darmi ordini, se ti dico che non devo farla, non devo farla no?" e così avanti per venti minuti.
Alla fine, lei si fece la pipì addosso imbrattando il vestitino nuovo coi fiorellini. Luigi si incazzò mentre io non riuscii a trattenere le risate. E alla fine anche lui scoppiò a ridere. Da una parte la sgridava, dall'altra rideva con me.
Bei ricordi quelli. Giocavamo a pallone oppure col suo biliardo in miniatura. Quanto lo invidiavo per quel piccolo rettangolo verde colmo di palline di tutti i colori. Sognavo di diventare grande e di averne uno enorme, con le luci sopra, il juke-box affianco e intorno un mucchio di amici.

           LE COVER MUSICALI PIU' RIUSCITE E LE PUGNALATE AL CUORE

22 maggio 2013

UN'AURORA PIENA DI BRIVIDI





Ho passato due inverni in Germania. Infiniti. Freddo, neve, la vecchia Polo che mi abbandonava ogni due per tre, per colpa della batteria. E così ti ritrovavi alle 8 di mattina con le estremità assiderate a cercare qualcuno con i cavetti per rianimarla. E nei paesetti teutonici dell'ex Germania dell'Est dove a scuola avevano studiato il russo, veniva lievemente difficile farsi comprendere. Più volte mi capitò al lavoro di dover fare dei disegnini agli operai per farmi capire. Non parliamo del dover spiegare al McDonalds che nel panozzo non ci volevo la maionese o il formaggio, tempo sprecato.
Vi sto annoiando, qualcuno avrà saltato a piè pari queste inutili parole. Volevo solo dire che in quei mesi, in auto giravano solo i cd dei Nomadi e la voce calda come un abbraccio di Danilo Sacco.
C'era lui a sostenermi quando la mattina bastemmiavo aprendo il cofano.
C'era lui quando per poco non investivo tre cerbiatti che mi attraversarono la strada mentre andavo a 100all'ora su una statale, Dio solo sa come feci a schivarli. Probabile furono loro a schivare me... Due mi passarono davanti, uno da dietro, incredibile.
E c'era lui quando riattraversavo le Alpi e tornavo a casa. "Ti lascio una parola (Goodbye)" e tante altre.
In Germania ero da solo, nessun collega italiano, nessun amico. C'erano i Nomadi, c'era Danilo, come vecchi amici, e tanto bastava. Capite da soli che intervistarlo mi solletica l'animo di gioia, come un giardino di sensazioni che sboccia davanti ai tuoi occhi.

   INTERVISTA A DANILO SACCO di A. Vanzelli - A. Chimenti

20 maggio 2013




QUELLI CHE RESISTONO ANCORA



Le donne di cui ti innamori quando sei un ragazzino te le ricordi per tutta la vita.
Innamori è una parola troppo grossa se tu l'amore non sai nemmeno come trovarlo sul dizionario. 
Innamori è una parola grossa, soprattutto se lei è molto più grande di te e non ti caga nemmeno per sbaglio. Innamori è una parola grossa soprattutto se lei sa a malapena come ti chiami e ancor più a malapena ti saluta.
Era la sorella più grande di un caro amico quando ero piccolo. Andavamo in colonia insieme, dalle parti di Lucca, al "Ciocco", un posto splendido che esiste ancora. Gruppi di ragazzi che si ritrovavano d'estate, per lunghe scarpinate nella natura, giochi di gruppo, sport e divertimento.
Avevo 8anni, un'era geologica fa. I ricordi sono sbiaditi come cartoline lasciate al sole, ma in quei giorni iniziavo a intravedere le prime carezze (schiaffi?) dell'adolescenza. Ricordo le scarpinate tra le colline, e gli acquazzoni improvvisi, docce gelate all'aperto... Oppure le partite a calcetto, col pallone che sorvolava la tettoia e scivolava giù, inghiottito da uno strapiombo vorace. E c'era il codino, si, quando ero piccolo portavo un infantile codino. E quando lo tagliai per poco non piansi. Una vita fa, un'altra vita.
Difficilmente scorderò le chiacchierate notturne coi ragazzi più maturi e già svezzati: narravano le loro prime avventure con le donne e tante cose ancora non le capivo.
Capivo bene però i battiti del cuore quando vedevo quella ragazza, la sorella del mio amico. Quelle onde castane che si posavano sulle spalle, il suo sorriso limpido, e la sua camminata silenziosa, elegante, come una nevicata di emozioni.
Si chiamava Irene. Durante l'ultima colonia andò in camera del più carismatico della compagnia. Il giorno dopo lui, tronfio come un gallo nel pollaio, non lesinò i particolari. Ero invidioso e deluso, mi allontanai scalciando. Non la vidi più, chissà come sta. Ah, Irene...

      QUELLI CHE TORNANO E QUELLI CHE SAREBBE ORA RITORNASSERO

18 maggio 2013

LETTERA A P.




"In "Nome e Cognome" racconto quello che mi è successo negli ultimi tre anni. Come la morte di mio cugino Gianni a causa di una brutta malattia. Per me lui è stato come un fratello, abbiamo condiviso sogni e desideri. Ma non sono riuscito a dirgli tutto quello che avrei voluto. Così l'ho scritto in Lettera a G." Luciano Ligabue

Questo non è un articolo per voi, no, queste parole sono per me e per pochi altri. Avete sicuro di meglio da fare, non vi trattengo. Questa è una lettera a Pasquale ma lui non potrà mai leggerla: se n'è andato qualche anno fa e non l'ho nemmeno salutato.

                                                       BUON VIAGGIO

16 maggio 2013



SOGNI DI ROCK, PLASTICA E POPCORN



"Ero così piccolo che non potevo neanche capire cosa stesse succedendo. Continuavo a chiedergli "Ma non ti piacciono le bambine?" anche se la risposta era evidente. Io però non potevo neppure immaginarla..."
Gianluca Grignani riguardo le molestie subite da un pedofilo quando era bambino.


                             Gianluca Grignani - Pt. 2

15 maggio 2013



SOGNI DI ROCK, PLASTICA E POPCORN



"Di carriera mi interesso poco. Ho esordito alla grande con Destinazione Paradiso, poi ho preso delle decisioni. Quel primo disco era pieno di parole e melodie e basta.
La differenza è che ora faccio la mia musica, quella che mi emoziona, e dico quello che penso."
Gianluca Grignani.



                               Gianluca Grignani - Pt.1

13 maggio 2013

QUANDO I BIG FANNO FLOP





"Claudio Cecchetto sapeva il film che voleva fare. Anche noi avevamo capito, per lo meno a grandi linee. Sarebbe stato un film musicale. Però con una storia forte. Però in certi momenti con l'impatto potente del videoclip. Però con tanti colpi di scena. Però con l'happy end. Però no.
Il film è stato girato. Poi montato. E finalmente abbiamo capito tutto.
Ho visto passare sullo schermo le immagini di buona parte della mia vita. Le mie storie, i miei amici, il mio bar, il mio mondo, le mie canzoni. Da un altro punto di vista. Che poi è lo stesso."
Max Pezzali - 883network.com

Parole senza dubbio chiare, ben definite, di chi è sicuro di ciò che sta facendo. Luca Giurato sotto effetto di allucinogeni sarebbe riuscito a spiegarlo meglio.

                                    I FLOP ITALIANI - MUSICA E CINEMA

10 maggio 2013

LA COLONNA SONORA DELLA NOSTRA INFANZIA







Quando penso alla casa in campagna dove vivevano i nonni, mi vengono i lucciconi. E' stato il luogo della mia infanzia e dei miei ricordi più intensi. Ogni domenica andavamo da loro; ogni estate ero lì.
Ricordo le infinite partite a pallone due contro due, con i miei cugini Nico ed Emanuele e la buonanima del mio pro-cugino Pasquale, uno con cui la vita è stata fin troppo stronza. Pasquale era un tornado di allegria e ricordo ancora le sue scarpe che volavano via quando tirava: una volta il suo mocassino 45 (perchè lui giocava coi mocassini) lo presi al volo, prima che mi colpisse dove fa più male.
Ricordo la radiolina che ci faceva saltare sulla sedia durante "Tutto il calcio minuto per minuto", con Sandro Ciotti e Enrico Ameri.
Ricordo Paolo Valenti e le prime immagini dei gol a Novantesimo minuto, altro che Sky e Premium.
Ricordo le sfibranti partite a poker o a 7 e mezzo durante le feste natalizie oppure la Tombolata coi parenti, con la Tombola che valeva 1.200 lire. E quanto bramavamo per vincerle, significavano figurine, Grandi Classici Disney o nuovi Super Santos..........


                       LE SIGLE PIU' BELLE DEI CARTONI ANIMATI - Pt. 2

8 maggio 2013




LA STRADA MALEDETTA DEI METALLICA E UN BASSO DALLE CORDE SPEZZATE

Cliff Burton - Ritratto di A. Chimenti




 
"Vidi l'autobus sopra di lui. Vidi le sue gambe spuntare fuori. Crollai. L'autista, ricordo, stava tentando di dare uno strattone alla coperta posta sotto il suo corpo per usarla per le altre persone. Dissi soltanto "Non farlo, cazzo!". Volevo uccidere quell'uomo. Non so se fosse ubriaco o se passò su una lastra di ghiaccio. Tutto quello che sapevo fu che stava guidando e che Cliff non era più con noi."
James Hetfield - Metallica

           Cliff Burton (1962 - 1986)

7 maggio 2013



I METALLICA E UNA CHITARRA ELETTRICA PIENA DI RANCORE



"Mi è dispiaciuto di come sono andate le cose. Mi hanno detto che ero fuori e io: 'Ma come? Senza prova d'appello?' Loro sono stati irremovibili nella decisione.
Ebbi un alterco con James Hetfield, dette un calcio al mio cane. Presi due cani in seguito ad alcuni furti nel mio appartamento mentre ero in tour. Una volta portai uno dei miei due cani durante le prove. Il cane mise le zampe sulla macchina di Ron McGovney (il bassista dei Metallica all'epoca) e James lo scalcio. Io gli chiesi cosa diavolo stesse facendo e che non doveva tirare calci agli animali. Quindi siamo andati dentro la sala e abbiamo iniziato a litigare ancora una volta. Gli diedi un pugno in faccia, penso che questo episodio sia stato la radice della mia cacciata dal gruppo.
Ho odiato quel momento, non volevo colpirlo. Tenevo molto a James, mi piaceva, mi piace ancora. Non mi piace Lars..."
Dave Mustaine - Lydverket (2009)

                Quando i Metallica cacciarono Dave Mustaine

6 maggio 2013



QUANDO I BIG FANNO FLOP



"Dopo Mellon Collie, tutti aspettavano che arrivasse il nuovo album degli Smashing Pumpkins a salvare il rock. Ma eravamo tutti stanchi dopo un doppio cd in cui abbiamo espresso tutto quello che avevamo da dire sull'argomento. Cosi abbiamo cambiato direzione. E adesso che non abbiamo più tutta quella pressione addosso perchè Adore ha scontentato quel tipo di pubblico, possiamo tranquillamente fare un disco che può sembrare un ritorno al passato. E che invece non lo è affatto. Ma sono cose che non amo spiegare perchè chi ha abbastanza intelligenza può capirlo da solo".
Billy Corgan - Smashing Pumpkins (Tutto Musica)


    QUANDO GLI U2 E GLI ALTRI HANNO PESTATO UNA.... BUCCIA DI BANANA

4 maggio 2013

QUELLI CHE RESISTONO ANCORA




"Grazie per tutte le vostre email, le ho ricevute con gioia ed affetto sincero... Vi ricordo tutti e vi abbraccio forte. 
In questo momento così particolare per me, mi scuso anticipatamente per la mancanza di informazioni che in realtà avreste dovuto ricevere e che vi meritate pienamente. Ognuno di voi. Dunque, mi scuso e vi prego di pazientare ancora un pò per le risposte personali alle vostre singole mail, perchè intendo darle ad ognuno di voi in modo personale e lucido, come da sempre amo fare, dedicando alla risposta il tempo necessario che, ora, per svariati motivi, mi sfugge... 
Comunque è inutile che vi taccia l'essenziale conferma che tutti andate cercando... La mia avventura nel progetto Litfiba è da considerarsi conclusa. Una decisione presa con estrema onestà e lucidità. Ma ora, per quanto mi riguarda, non esistono più le condizioni artistico/progettuali per procedere oltre. 
I rapporti fra me e Ghigo sono assolutamente tranquilli e sereni e approfitto di questo momento per chiarire una cosa che sta a cuore di tanti di voi. Non intendo partecipare, in nessunissimo modo, nemmeno casuale, alla discutibilissima operazione "LitBand" che vede nella sia line-up: Aiazzi, Trambusti, Terzani ecc ecc., nè ora, nè in futuro, nè mai!
Vi abbraccio con quanta più forza ho e mi auguro di potervi incontrare di persona al più presto. Con affetto, CABO."
Cabo Cavallo, ex vocalist dei Litfiba - Lettera ai fan (2006)


                    QUELLI CHE HANNO LASCIATO CON UN SORRISO

2 maggio 2013






SEMPLICI OMAGGI O  PLAGI SPUDORATI?









BIAGIO ANTONACCI - Puntata particolare questa volta. Si parla di videoclip plagiati e i protagonisti non sono certo gli ultimi arrivati. Siamo nel 1998, esce il video di "Ray of Light", singolo di successo di Madonna. Per motivi di copyright ho faticato non poco a trovare il video della bionda performer di origini italiche. Ad ogni modo, il suo video sembra aver plagiato quello di "Non è mai stato subito" di Biagio Antonacci (1994). Eccoli:


e quello di Antonacci:


Già all'epoca mi accorsi degli svariati punti in comune tra i due lavori. I toni si inasprirono quando, a richiesta di spiegazione di Stefano Salvati (che aveva girato il video del nostro), l'americana Oil Factory risponde in siffatto modo: "Egregio signore, con il dovuto rispetto, lei avrà più fortuna continuando a chiedere l'elemosina piuttosto che tentando di estorcere soldi alla Oil Factory... Gradirei che consigliasse al suo cliente di tornare al suo lavoro di fattorino di pizze, cercando di non approfittare del duro lavoro di un altro regista."
Il caso arrivò anche a Striscia la Notizia e poi in tribunale: Salvati infatti fece causa all'azienda a stelle e strisce. Non si trovano notizie sull'esito di tale causa (sembra sia stata vinta, sembra...) e l'unica cosa scolpita nella pietra è il consueto savoir faire americano a base di stereotipi e vaccate assortite.