La musica è uno Stargate, la porta d'entrata verso un universo parallelo governato da dinamiche misteriose. Anni fa ho conosciuto Leonardo: brillante, gentile, sempre di buonumore, non si poteva definire bello, quello no. Aveva un faccino comune, era ingobbito e camminava come se avesse sempre un manico di scopa su per il c...appotto. Eppure quando suonava il suo sax diventava affascinante come David Bowie e le donne lo guardavano con gli occhi a cuoricino. C'era una biondina che mi piaceva davvero, Morena. Zero chance, non aveva occhi che per lui. Lo invidiavo, io che non sono andato oltre il flauto alle medie, e anche quello lo usavo più per schizzare di saliva i vicini di banco.
Era simpatico ma con un retrogusto di pesantezza; per lui esisteva solo il jazz e guardava tutti con quella puzzetta snobistica tipica di chi pensa "Voi non capite un cazzo di musica!".
Lasciò l'università - era una chiavica immonda - per seguire il sogno di fare musica. Ho saputo che è finito a lavorare come pizzaiolo e per tirare avanti suona in una cover band di Ligabue. Sono convinto che se ci reincontrassimo, gli troverei ancora in viso il "Voi non capite un cazzo di musica!". Meno male ne capisce lui...
La bellezza e Lucio Dalla non erano sinonimi - quando apparve sulle scene era vestito male e peloso - ma quando lo ascoltavi diventava il più bello di tutti. Anche lui ottimo jazzista, non si è mai posto su un piedistallo, lo snobismo non sapeva nemmeno cosa fosse.
A MODO MIO AVREI BISOGNO DI SOGNARE ANCH'IO di A. Vanzelli - A. Chimenti
Anticonformista, eclettico, irriverente e godereccio. In lui convivevano osceno e intima dolcezza, l'ironia e la commozione, l'entusiasmo di un bimbo insieme alla profondità di chi sa guardare oltre le nuvole. La sua generosità ha regalato l'alba a tanti grandi nomi della musica nostrana, da Ron a Samuele Bersani, dagli Stadio a Luca Carboni: li ha presi per mano facendoli diventare grandi.
Eppure lui, per diventare grande, ci ha messo del tempo. All'inizio il pubblico non lo capiva: "Mi tiravano appresso le verdure", raccontò. Alla lunga, però, il suo modo di cantare, le parole e gli arrangiamenti fecero breccia nella gente, perchè a quella gente Lucio è sempre stato vicino, è sempre stato al loro fianco.
Lucio raccontava storie e persone tangibili, il "Gesù Bambino" di "4/3/1943" o il senzatetto bolognese - realmente esistito - di "Piazza Grande":
"Dormo sull'erba e ho molti amici intorno a me,
gli innamorati in Piazza Grande.
Dei loro guai, dei loro amori tutto so, sbagliati e no.
A modo mio avrei bisogno di carezze anch'io,
a modo mio avrei bisogno di sognare anch'io."
Dalla faceva sogni colorati, quelli di un domani migliore de "L'anno che verrà", o di un futuro senza code in autostrada, senza inquinamento e rumori molesti, come cantava nell'accecante "Il motore del Duemila":
"Il motore del Duemila sarà bello e lucente, sarà veloce e silenzioso,
sarà un motore delicato. Avrà lo scarico calibrato e un'odore che non inquina.
Lo potrà respirare un bambino o una bambina."
ma anche incubi profondi, come delineato dalle grigie istantanee di "Com'è profondo il mare", una canzone tanto intensa - e autobiografica - da togliere il fiato.
E poi l'amore... Dalla era un folletto birichino, uno di quelli sempre in bilico tra la delicatezza di "Anna e Marco" o "Tu non mi basti mai" alla sfrontatezza di "Disperato erotico stomp", in cui se ne fregò del perbenismo dei benpensanti per cantare sfacciatamente di masturbazione.
Tra le musiche preferite di mio padre, il cantautore bolognese è sempre stato in poltronissima.
Sono cresciuto con i suoi nastri, anche se devo ammettere che in tenera età non era tutto di facile ascolto.
Col tempo ho riassaporato certi momenti e apprezzato il valore assoluto di alcuni testi. A quell'età non potevo capire come "Futura" parlasse del Muro di Berlino e di due amanti separati dalla sciocchezza umana.
"Il testo di Futura nacque come sceneggiatura, poi divenuta canzone. La scrissi una volta che andai a Berlino. Non avevo mai visto il muro e mi feci portare da un taxi al Check Point Charlie, punto di passaggio tra Berlino Est e Berlino Ovest. Chiesi al tassista di aspettare qualche minuto. Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta. Poco dopo si fermò un altro taxi. Ne discese Phil Collins che si sedette sulla panchina accanto alla mia e anche lui si mise a fumare una sigaretta. In quei giorni a Berlino c'era un concerto dei Genesis, che erano un mio mito. Tanto che mi venne la tentazione di avvicinarmi a Collins per conoscerlo, per dirgli che anch'io ero un musicista. Ma non volli spezzare la magia di quel momento.
Rimanemmo mezz'ora in silenzio, ognuno per gli affari suoi. In quella mezz'ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l'altro di Berlino Ovest che progettano di fare una figlia che si chiamerà Futura."
Lucio Dalla - Intervista a Massimo D'andrea (Nadir.it)
Sarei stato ad ascoltarlo per ore, sia che cantasse sia che raccontasse aneddoti di questo tipo.
La sua storia è diventata musica ma resta ugualmente una sceneggiatura unica, reale come tanti flirt separati da quel Muro poi frantumato da sentimenti ancor più nobili.
"E chissà come sarà lui domani, su quali strade camminerà
cosa avrà nelle sue mani, le sue mani.
Si muoverà e potrà volare, nuoterà su una stella
come sei bella e se è una femmina si chiamerà Futura."
Lucio non ha mai avuto figli, avrebbe avuto tanto amore e affetto da dargli. Il Muro è caduto, Lucio ci ha lasciati ma questa sua canzone, questa splendida figlia, è sempre qui...
Sarebbe stato facile trovare parole commoventi per finire ma in certi casi non si può. Io non avevo mai incontrato Dalla, non sapevo che persona fosse ma credo alle sue canzoni, credo ai sentimenti che ha lasciato in chi lo conosceva, credo alla tristezza di chi non ce l'ha più vicino. E penso che le parole di Ron (rilasciate a Il Fatto Quotidiano) chiudano la canzone di Lucio con le note migliori.
"Lucio era come un passerotto, saltava di ramo in ramo. Incapace di tratternersi troppo a lungo. Lo sapevo che se ne sarebbe andato così, senza avvisare. Questo era. Sono corso a Montreux perchè volevo vederlo prima che lo coprissero per sempre, e aveva la solita faccia, beffarda, intelligente, curiosa: ve l'ho fatta anche questa volta!"
Lucio Dalla - Ritratto di A. Chimenti |
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