30 giugno 2014

AL SOLE DELLA LEGGENDA





Ci sono personaggi che prendono il sole su spiagge assolate, ma per pochi. Sono lì che ti sorridono dai poster e dalle cover dei dischi. Ammiccano sornioni nei video e nelle copertine delle testate musicali, e a te sembra non siano reali, sembra vivano in una dimensione parallela, assieme a Babbo Natale, Marilyn Monroe, lo Yeti e le sirene.
Quando Steven Tyler è apparso sul palco di Rho Fiera Milano, è sembrato così vicino da poterlo quasi toccare. E allora ho capito che Marilyn Monroe, John Kennedy, Jim Morrison, Bob Marley e anche Babbo Natale esistono, non sono icone della fantasia, sono sempre lì. Ogni tanto appaiono e ti fanno felice, poi tornano sul loro lettino, ad abbronzarsi al sole della leggenda.

          AEROSMITH - 25 GIUGNO 2014 - MILANO di A. Vanzelli e A. Chimenti

Ci ha pensato Giuliana, la mia dolce metà, a smuovermi dalla mia smodata pigrizia. Ne è valsa la pena. Siamo arrivati intorno alle 16.30, e il fiume di gente scivolava già intenso verso l'ingresso dell'Arena Parco Nord. Il clima era euforico, l'entusiasmo vibrava nell'aria, in mezzo a bagarini con l'accento di Bergamo Alta ("Capo, te lo metto 50euro, un'affare! Jà, costava 70euro, che vuò di più?"). Sfila l'umanità più disparata, vestita in improbabili t-shirt. Perchè andare al concerto di Aerosmith-Alter Bridge e Extreme con la maglietta dei Bon Jovi o dei Dream Theater?
Ne ho visti anche con la maglietta dei Journey o dei Lynyrd Skynyrd, anche se il premio della critica va sicuramente a quello con la magliettina della Notte della Taranta. Idolo.
 Ce n'erano parecchi anche con la maglietta dei Guns 'n' Roses, e ci stava tutta, perchè il concerto parte con i Walking Papers, la nuova band di Dave McKagan, ex bassista dei Guns e qualche mese fa tornato insieme ad Axl Rose per una manciata di concerti. Il sound del gruppo - con alla voce Jeff Angell dei The Missionary Position - gira bene. Niente di rivoluzionario, intendiamoci, ma lasciano buone indicazioni. Il pubblico gradisce, mentre il sole sfugge alle nuvole e inizia a martellare.
Gli amici Antonio Chimenti e Antonio Tramontano - ormai dovreste conoscerli - mi raccontano anche dei The Treatment che avevano suonato in apertura. Ma stanno per entrare in scena gli Extreme, e il resto passa in secondo piano. Era dal 2008 che non passavano dalle nostre parti e sono in tanti ad aspettarli. Gary Cherone è in forma smagliante, e parte con "Decadence dance", a cui segue una versione altrettanto tosta di "Kid Ego". A metà della loro esibizione, arrivano gli sgabelli sul palco: è il momento più atteso. Il frontman imbraccia la chitarra e parte una versione meravigliosa di "More than words", dedicata proprio da Cherone a Steven Tyler. Dopo aver regalato anche un omaggio ai Queen, con un accenno di "Crazy Little Thing Called Love", chiudono dopo un'ora, con "Get the funk out", il decimo pezzo di un set solido e coinvolgente.


Piccola pausa per il panino con la salamella d'ordinanza ed è già tempo degli Alter Bridge. Ci avviciniamo al palco, ma qualcosa non sta funzionando a dovere. Problemi tecnici disturbano i primi pezzi in scaletta ("Addicted to pain", primo singolo dell'ultimo "Fortress", e "Come to life"), facendo innervosire Myles Kennedy. La band di Orlando, nata dalle gloriose ceneri dei Creed (sempre troppo poco apprezzati nel Belpaese), non si scompone e "Before tomorrow comes" illumina la scena. Seguono "Cry of Achilles" e l'orecchiabilissima "Ghosts of days gone by". Non si sono concessioni alle ballate, il loro set è granitico. Passano in rassegna "Fortress", "Metalingus" e "Blackbird", meravigliosa, qualche carato in più rispetto alla album-version. Quando poi parte "Isolation" vado in brodo di giuggiole, uno dei miei pezzi preferiti, prima del finale con "Rise today". Non potevo chiedere di meglio prima di gustarmi Tyler e soci, e l'emozione inizia a pulsare, a urlare dentro.


Il sole regala gli ultimi bagliori di giornata, e l'arena continua a gremirsi. L'attesa è palpabile, e gli Aerosmith arrivano stranamente con una mezzora di ritardo. Niente di paragonabile ad Axl Rose, va bene così. Il pubblico esplode, e Steven Tyler appare con un cappellino a falde larghe e degli occhiali da sole, scicchissimo come sempre. Sembra un ragazzino, l'adrenalina nell'aria diventa improvvisamente gioia ed energia. I megaschermi regalano colori e primi piani, mentre le casse sparano "Mama Kin" e "Eat the Rich". Poi tocca a "Love in an elevator" ed è il delirio. Il pubblico è un'unica voce insieme a quella del frontman, che salta e canta con una grinta e una freschezza da far impallidire chiunque.
Dopo "Oh Yeah", si torna al capitolo capisaldi, in un libro che di pagine ne ha parecchie da proporre. Tocca infatti a "Cryin'", in una versione da brividi (e partono al cielo i telefonini), a cui segue una spettacolare versione di "Livin' on the Edge", con Steven Tyler e Joe Perry che cantano vicini, in un abbraccio che dura da quarantacinque anni, bissata poco dopo dall'altrettanto celeberrima "Rag Doll".
Steven Tyler - Caricatura di Antonio Chimenti
E' il momento di un break, Tyler si concede una piccola pausa, lasciando il proscenio proprio a Perry, che canta "Freedom fighter", tratta dall'ultimo lavoro. In pochi la conoscono, ma l'attenzione resta altissima grazie alle immagini proiettate. Si, perchè sugli schermi appare la passeggiata del chitarrista all'ombra del Duomo di Milano, con tanto di schitarrate e di fan che lo riconoscono. Espressioni di sorpresa e tanti sorrisi tra il pubblico.

Il carismatico vocalist torna a graffiare con "Same old song and dance", altro grande classico della band statunitense, a cui segue "Rats in the cellar". La band è in forma smagliante, con un Joey Kramer che picchia sulla batteria senza mai mollare di un pelo e con un Tom Hamilton (basso) e un Brad Whitford (chitarra ritmica) che concedono poco alla vanagloria da palco, ma ne concedono tanta alla solidità.
Le luci si abbassano, partono le prime note di "I don't want to miss a thing" e la voce di Tyler fa l'amore con il coro dell'Arena Parco Nord. Difficile spiegare a voce le sensazioni, l'emozione travalica le parole.
Dopo "No more No more", arriva la grande sorpresa della serata, una versione da annali del rock di "Come together" dei Beatles. La coppia Tyler-Perry gioca a Lennon-McCartney, con una versione piuttosto fedele dell'originale, ma che si aerosmittizza alla grande sul finale. Gli applausi gonfiano il cielo di Milano.
Nuova energia e mani al cielo con "Dude (Looks like a lady)", che fa ballare e cantare, prima di una rocciosa "Walk this way", con cui il gruppo momentaneamente si congeda.
Torna il buio, il pubblico riassapora ogni istante, godendosi note e colori di una serata che non dovrebbe finire mai. Quando l'occhio di luce torna a illuminare Tyler, c'è un pianoforte immacolato e le note di "Angel" regalano delicate carezze. E' solo un assaggio, che apre la via a "Dream On", uno dei momenti più attesi, e loro non deludono. Joe Perry sale con la sua sei corde in piedi sul pianoforte, ed è meraviglioso vederli così, a dipingere l'ennesimo quadro di una carriera meravigliosa. Il sipario si chiude con "Sweet emotion", e sono già lacrime, mentre il vocalist saluta tutti con un "Ci vediamo".
Mi giro e guardo il mondo applaudire, con gli occhi sognanti, mentre il cielo si colora di coriandoli, portandosi via anche la mia commozione e i miei brividi.
Non hanno suonato "Crazy", e neppure "Jaded" o "Janie's got a gun", quindi tolgo tre punti alla loro esibizione. Tre punti tolti ad infinito hanno sempre identico risultato: il Mito.

1 commento:

Unknown ha detto...

Io sono andata a vederli a Londra, e non hanno deluso le aspettative.
Mi si riscalda il cuore a vederli ancora insieme dopo tanti anni, e per me, che li seguo da un paio di anni, è una gioia.
Unico rammarico: averli scoperti tardi.