23 giugno 2014
ATTIMI E SECOLI, LACRIME E BRIVIDI
Erano anni che attendevo di poter andare ad un suo concerto. Tre anni fa, Campovolo 2.011 mi aveva stregata. Non mi è bastata la prima visione, sono andata al cinema per ben due volte. Mi pareva di sognare, vedendolo là, su quello schermo, a cantare e suonare i miei pezzi preferiti: la colonna sonora di una vita, la mia.
Luciano Ligabue è molto più di un rocker per me, più di un semplice artista. Non può e non sarà mai "uno dei tanti". Le sue canzoni mi hanno accompagnato fino a qui, nei momenti più significativi, di gioia e tristezza, malinconia e buonumore. I suoi testi sembrano quasi magicamente contenere le parole che hai bisogno di sentirti dire, le sensazioni che da solo non riesci ad esprimere razionalmente, i pensieri che faticano a prendere forma. I suoi album diventano così parte integrante di un cammino, in cui riesci - almeno musicalmente - a delineare i contorni di ciascuna fase, di ogni tappa. E' da soli quattro anni che la mia passione per il rocker di Correggio ha preso quota; non sono, ahimè, una che lo segue dagli inizi, ma guai anche solo a paventare l'idea che mi sia avvicinata alle sue canzoni "per moda". L'ho già detto, per me non è uno dei tanti. E non sono la sola: i milioni di copie vendute, premi e riconoscimenti in serie, le presenze ai suoi live, l'affetto che noi "ligalizzati" gli dimostriamo ogni giorno attraverso i social... Eppure, nonostante la fama, lui è e rimane uno di noi. Ed è questo, secondo me, a renderlo ancor più speciale.
Perle come "Walter il Mago", "L'han detto anche gli Stones", "La ballerina del carillon", e i grandi successi come "Il giorno dei giorni", le intramontabili "Certe notti" e "Piccola stella senza cielo"... Nella testa un pò di sole ed in bocca più di una canzone, tutte a firma Ligabue.
LUCIANO LIGABUE - SAN SIRO, MILANO - 6 GIUGNO 2014 di Carmen Schettino
Lo scorso 26 novembre è uscito "Mondovisione" e sono corsa in negozio per accaparrarmene una copia. I lusinghieri risultati di vendita hanno premiato una qualità musicale rimasta elevata, l'album graffia, emoziona, regala dolcezza e riflessioni, rabbia e romanticismo. Davvero niente male come decimo lavoro di studio. Da brividi è "La terra trema, amore mio", che racconta le sensazioni provate durante il terremoto che ha colpito l'Emilia poco tempo fa. Il rocker ci prende per mano, sussurrandoci che, di fronte ad eventi così tragici e imprevedibili, l'unico appiglio che ci rimane è l'amore, quello che ci lega ai nostri cari, quello che "se stiamo stretti, stiamo in piedi un poco meglio". Inoltre, come in "Arrivederci, mostro!", seppur in maniera forse più velata ed intensa, non manca un profondo messaggio di speranza, un incorraggiamento a "tenere botta" sempre e non smettere mai di sognare, e ci riferiamo a "Sono sempre i sogni a dare forma al mondo", il pezzo-sipario del disco. Dei quattro fortunati singoli è già stato detto tutto, quindi citerei solo l'intensa "Ciò che rimane di noi" e la carica rock ed estremamente personale di "Con la scusa del rock'n'roll", una delle canzoni dell'intera discografia del Liga in cui mi riconosco maggiormente.
E così che si arriva al sospirato tour. Prima le piccole città, poi gli stadi. Potevo forse lasciarmi sfuggire la possibilità di andarlo a sentire dal vivo?
Il mio primo concerto di Ligabue è stato un passaggio fondamentale della vita, e non sto esagerando... Il primo amore, il primo bacio, la prima volta, momenti che - nel bene e nel male - porterai sempre dentro di te. Chi ama le sue canzoni starà dicendo si con la testa. Si è trattato di gioia allo stato puro, sparata nel cuore, un'emozione così forte da unire un intero stadio in un unico coro di urla contro il cielo.
Ad aprire la serata del 6 giugno (il concerto numero dieci per lui a San Siro), Brunori Sas e Paolo Simoni. Il pubblico apprezza, ma si sa che tutti stanno aspettando solo lui. Sono arrivata allo stadio intorno alle 18, perciò mi sono goduta per bene l'atmosfera pre-concerto. Chi si dilettava a tirar due calci ad un pallone per ingannare l'attesa, nel prato davanti al palco, chi si scattava selfies con gli amici per fissare quegli attimi per sempre e chi si arrabbiava (bonariamente) con quelli che rompevano l'ola dall'altra parte degli spalti. E pian piano che l'inizio si avvicinava, l'emozione dilagava come onda.
Alle 21.30, puntualissimi, ci siamo! Dopo tanta attesa - la mia di anni sommata a quella di ciascuno dei presenti - le luci si spengono e Ligabue appare sul palco, con lo stile di sempre, assieme alla band. A "timbrare il cartellino", sempre presente ormai da vent'anni, l'insostituibile Capitan Fede Poggipollini, Luciano Luisi (produttore di "Mondovisione") alle tastiere, Michael Urbano alla batteria, Niccolò Bossini alla chitarra e la new entry Davide Pezzin al basso. Si comincia ed è davvero un colpo all'anima.
Il live parte con una buona dose di denuncia in chiave politica: sul maxischermo appare la scritta "Expo, Mose...E poi???". E poi, giù tutto! Occhiali da sole oramai quasi d'ordinanza per una eccezionale versione de "Il muro del suono". Analogo sentimento di indignazione sociale lo ritroveremo più tardi, in un'esplosione rock incanalata nelle note de "Il sale della terra", il primo singolo. Ad introdurlo, l'apparizione sullo schermo di grandi citazioni del potere. Tra queste, una mi ha colpito, la celebre affermazione di Jimi Hendrix: "Quando il potere dell'amore avrà superato l'amore per il potere, si avrà la pace."
Prima di questo, però, c'è ancora tanta carne al fuoco. Da "Il volume delle tue bugie" a "Ciò che rimane di noi", passando per due classici del suo repertorio, ossia l'acclamatissima "I ragazzi sono in giro" e "Ho messo via".
E mentre il suono delle chitarre riempiva l'aria, io ogni tanto - dal secondo anello rosso - mi guardavo intorno: c'era da rimanere a bocca aperta, è difficile spiegare a parole ciò che si prova scorgendo migliaia di persone, puntini lontani da te - alcune giunte là fin dal giorno prima per guadagnarsi un buon posto -, che saltano e cantano le stesse melodie, alzando le mani al cielo. Brividi, soprattutto se questo spettacolo ti si presenta per la prima volta davanti. Un evento sold-out, un intero stadio che si muove al ritmo "di chi è lì dentro per potersi consolare... tra i fantasmi di Elvis".
"Da "Nati per vivere", pura emanazione d'energia, si arriva a "Non è tempo per noi", eseguita da Luciano sulla passerella, praticamente in mezzo allo stadio, circondato da tutti i suoi fan, passando poi per "Il giorno di dolore che uno ha" (della cui storia avevamo parlato qui), e "Siamo chi siamo". La stadio letteralmente esplode quando la band intona "Balliamo sul mondo", senza dubbio una delle sue composizioni di maggior successo. E che dire di "Per sempre"? Un momento molto profondo, accompagnato dalle immagini dei genitori di Luciano. La stessa delicatezza la ritroveremo poco più tardi in "La neve se ne frega", altra traccia intrisa d'amore.
Migliaia di palloncini bianchi sorvolano le nostre teste, riempiendo il Meazza di una neve speciale, un gesto che vuole comunicare tutto il nostro affetto verso chi c'è sul palco.
Tra i brani proposti, non poteva di certo mancare "Urlando contro il cielo", l'inno da stadio nello stadio italiano per eccellenza. Un turbinio di chitarre e voci, le nostre e la sua.
C'è posto anche per un medley tutto nostro. Ligabue ci fa capire per bene, con ironia, che vuol sentire le nostre voci, e allora ecco che prendono forma tre pezzi: "Niente paura", "Viva!" e "Marlon Brando è sempre lui", e - c'era da aspettarselo - noi, dei versi delle sue canzoni, non ne sbagliamo nemmeno uno. Perché i suoi testi, noi sapremmo citarveli tutti a memoria, cosi, in ogni momento della giornata, anche senza un vero perché.
C'è ovviamente spazio per "Tu sei lei", altra canzone amatissima, e per "Il meglio deve ancora venire", che sprigiona grandissima positività. In tutto, il nostro ci regala più di venti pezzi, giostrandosi abilmente tra i brani nuovi e quelli meno recenti, quelli che - come il buon vino - con il tempo migliorano, mentre la folla non ne vuole sapere di smettere di ballare e far festa. Quasi due ore e mezza di spettacolo e adrenalina, che volano via troppo velocemente. E sogni un tasto "Replay", da premere da qui a infinito.
Mi sarebbe piaciuto ascoltare "Leggero", inclusa nei concerti di Roma, ma non in quelli di Milano. D'altronde era inevitabile che qualcosa rimanesse fuori, altrimenti la serata si sarebbe dovuta protrarre per tutta la notte, cosa che tra parentesi, non sarebbe dispiaciuta a nessuno.
Il sipario si chiude proprio con la mia amata "Con la scusa del rock'n'roll". "Se aveste visto quello che ho visto io stasera..." ci dice lui, quasi a fine concerto, ma io, se potessi averlo di fronte anche solo per un momento, gli direi: "Se tu sapessi quello che riesci a regalarci con le tue canzoni..."
Una serata da ricordare, con un Lugiabue che, come sempre, sa mandare in estasi il suo pubblico. Alla prossima Liga, sempre "sulla tua strada", che è anche un po' la nostra.
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