10 giugno 2015

2020 SPEEDBALL - TIMORIA




Sarà stato il 1996, o forse era il '97. Non ero bravo a scuola, non ero abile nello sport ed ero bruttino, di quel bruttino che le ragazze sanno a malapena che esisti. Ma c'era la musica, c'erano i vinili dei miei di Battisti e di Mina, c'erano i Dire Straits e il beat italiano, c'erano i cantautori e le cassettine copiate dagli amici, quegli stessi amici che suonavano i Timoria. Non sapevo neppure chi fossero. Sarà stato il 1996, o forse... Già, poco importa. Angelo Pio, Frank ed io a casa di Giovanni e una chitarra: partì "Sangue Impazzito" e pensai "Porco Giuda, che musica!". Non rimpiango l'adolescenza, sono molto più sereno oggi, ma quei momenti mi mancano, attimi in cui la musica c'era e non scappava via su nuvole che non pioveranno mai. Quelle canzoni rimanevano ad abbracciarti e nonostante siano passati vent'anni, quando vuoi sono ancora lì, un angolo di cielo, un blu infinito come il cuore di una rosa bianca, un blu che porta ad Europa 3.

                               RECENSIONI FUORI DAL TEMPO di A. Vanzelli

In quel 1995 gli Oasis spararono "(What's The Story) Morning Glory?", il loro capolavoro; i Bluvertigo facevano capolino sul mercato discografico inaugurando la trilogia chimica e Billy Corgan e soci regalavano alla storia "Mellon Collie & The Infinite Sadness". E come loro festeggia il ventennale anche "2020 Speedball", un album che regalò il secondo disco d'oro (dopo quello per "Viaggio Senza Vento") alla band di Omar Pedrini e Francesco Renga e la definitiva consacrazione nell'Olimpo del Rock italiano. Un disco più roccioso del fortunato predecessore e che prendeva le distanze dal suono plastificato di "Storie per Vivere" (che pure conteneva buone cose). Nonostante non fosse un vero concept, metteva subito tutto in chiaro (a partire dalla copertina) la voglia di scuotere una società traviata da droga e alienazione. Le liriche di Pedrini poggiavano sugli spigoli vivi di rapporti basati sulla virtualità, anticipando di decenni tematiche oggi all'ordine del giorno.
La forza di questo disco è ancora oggi nell'amalgama di un gruppo come ce ne sono stati pochissimi, le tensioni interne tra il vocalist e il chitarrista riuscirono a trovare tregua (o forse spinta creativa), concependo un mix di ballate e di riff granitici che non prestano il fianco al tempo che scorre. E perfetto è anche il loro intreccio di voci, così diverse eppure così perfette insieme, quella più rock e potente di Renga e quella più blues e malinconica di Pedrini. Il Reverendo Illorca al basso e Diego Galeri dietro le pelli irrobustirono la sezione ritmica mentre il Maestro Ghedi (tastiere) si cimentò alla grande anche alla voce, duettando con Renga nella strepitosa "Mi Manca l'aria", uno degli episodi migliori.

 

Non siamo più nel 1996, o forse era il '97. E' passato qualche anno, zoom sui miei anni da universitario penosamente fuori corso. Sono a casa di Max, dobbiamo andare in centro, quando scorgo "2020 Speedball": "Me lo ha prestato Adriano..."
"Eh, che ne pensi?", chiesi io con gli occhi che brillavano.
"Insomma, non mi dice granché. Però "Senza Far Rumore" è tanta roba. Quando questi gruppi pesanti fanno delle ballate non ce n'è per nessuno."
Rimisi il compact disc al suo posto e cambiai discorso, mi stava partendo l'embolo. Del resto lui ascoltava il pop tutto sinth e plastica degli Ottanta oltre a robaccia italiana, era come dare una bistecca di carne argentina alta tre dita ad un vegano. Su una cosa però aveva ragione da vendere, "Senza Far Rumore" è una love ballad da standing ovation, con quel crescendo che riempie l'animo di fuochi d'artificio emozionali. Bissata poi alla grande da "Via Padana Superiore", vera summa del Pedrini pensiero e ancora oggi una delle più amate dei fan.


Come dicevamo prima però, è un discone rock che in alcuni episodi va a bagnarsi i piedi nel metal ("Speedball", la già citata "Mi manca l'aria" e il finale di "Europa 3" con quel suo cantato rabbioso) e nel punk di "Weekend", anche se forse il mio pezzo preferito resta proprio "2020". Questo se me lo chiedeste oggi, domani magari vi direi una tra "Boccadoro" e "Guru", meravigliose cavalcate sonore che fanno scendere una lacrimuccia su come si è chiusa la gloriosa storia della band bresciana.
Il primo articolo in assoluto del blog - acerbo ma sincero - l'ho dedicato a "El Topo Grand Hotel", non poteva essere altrimenti: i Timoria sono stati il mio gruppo del cuore. Conservo vecchi articoli, interviste, ritagli di questa e pure quella rivista, quasi fossero piccole reliquie di un mondo che non c'è più. Si, loro non ci sono più e non passano per radio nemmeno a morire, ma chi ha vissuto quell'epoca sa cosa hanno significato per la nostra generazione "senza vento". La Nave dei Timoria si è arenata nel porto dei ricordi più felici e un giorno, si spera, riprenderà il mare. Noi saremo lì.

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