Non erano passati neppure cinque giorni dal mio ritorno dal Qatar che il cellulare squillò: "Antonello, c'è un nuovo progetto, si parte dopodomani, ti va?"
La mia ragazza mi urlò di tutto ma non seppi dire di no: viaggiare mi entusiasmava, e mi ritrovai dalle parti di Lipsia.
Coi colleghi non faticammo a farci delle amicizie. Ogni paese in quelle terre ha un ristorante italiano: anche gli sputi con tre anime hanno un locale tricolore che cucina, male, i nostri piatti tipici.
A Bernburg, dove vivevamo, c'era una pizzeria di calabresi e un pub-ristorante di ragazzi napoletani, con cui entrammo facilmente in sintonia. Gentili, simpatici, alla mano: alla lunga capimmo che dipendeva dalla razione di denaro che gli elargivamo giornalmente.
I primi tempi, tuttavia, furono spensierati e ci guidarono nelle uscite serali. La serata più bella fu nella discoteca della cittadina. Non ho mai amato le discoteche, il rumore opprimente mi regala istantaneamente una forte ansia. Eppure quella sera fu un gran regalo della vita.
Dopo un paio di tamarrissimi pezzi teutonici tunz tunz, partì un ritmo a me familiare, a base di tamburi. Quando realizzai mi uscì un urlo di gioia: era appena partita "L'ombelico del mondo" di Jovanotti. Delirio: casa, amici, ragazza, li ebbi tutti lì per un attimo.
Casa è il volto delle persone a cui vuoi bene. Casa è una canzone che quei volti te li fa sentire vicini.
La ballai (parola grossa...) e cantai a squarciagola e quando terminò, mollai gli amici e mi andai a prendere da bere. Ero a pochi metri dal bancone quando notai una ragazza in un angolo, un pò spaesata. Rimasi qualche attimo a guardarla; aveva un cespuglio di capelli ricci lunghi, senza trucco e si tormentava un ricciolo con le dita. Sembrava annoiarsi e, nei suoi vestiti semplici e poco appariscenti, quasi stonava in quell'ambiente caciarone e esibizionista.
Con timidezza e scarse, scarsissime speranze le chiesi se volesse da bere. Lei alzò gli occhi e dopo un attimo disse si. Trasalii, dovetti quasi ributtare giù un sorpreso "Ma dici davvero?" e dopo un attimo stavamo sorseggiando i nostri vodka-redbull in una zona più tranquilla.
Chiacchierammo con piacevolezza per quasi due ore, raccontandoci delle nostre vite, dei nostri sogni e dei viaggi che avremmo voluto fare. Dovetti interromperla spesso con un "Sorry, i didin't understand 'cause of the noise" ma non era il rumore: mi perdevo nella sua bellezza e nelle curve delle sue labbra carnose.
Dopo il terzo drink, mentre ancora parlavamo fitti e sempre più intimi, arrivò una sua amica a chiamarla: dovevano andare via. Rimase un attimo tra l'interdetto e il deluso e un filo di speranza mi rianimò, era triste come me al pensiero di dover andare. Le chiesi il telefono ma quel filo di speranza ricadde esanime a terra: fece una smorfia e disse "Ti lascio l'email ok?"
Capii che probabilmente aveva già un ragazzo e un'altra vita fuori di lì. Prima che andasse le chiesi il suo nome, nel frastuono non c'eravamo neppure presentati: si chiamava Antonia.
Un Antonello dall'Italia che incontra un'Antonia in Germania, curioso. Fu l'ultimo sorriso di quella serata. Superfluo è dire che non la vidi più, certe emozioni e certi incontri capitano solo nell'ombelico del mondo.
A Dubai trovai alla radio un pezzo di Ramazzotti, in Germania Lorenzo Cherubini... E' così che nacque la curiosità di scoprire quali fossero gli artisti italiani famosi anche all'estero.
Eros Ramazzotti è stato il primo cantante dell'era moderna a sfondare davvero in ogni dove. I suoi tour mondiali hanno sempre registrato successi, grazie anche ad una presenza scenica di indubbio valore, e le sue canzoni sono diventate hit senza confini e spesso tradotte in altre lingue. Credo sia stato il primo a capire l'importanza dei duetti con artisti mondiali: cominciò con Patsy Kensit nel 1987 ne "La luce buona delle stelle" e fu un album da quasi 4milioni di copie nel mondo. Sono seguite hit con Tina Turner, Anastacia, Ricky Martin, Cher e molti altri.
In Germania, oltre a lui e Jovanotti, è molto famosa anche Gianna Nannini: non era difficile trovare i suoi dischi nei negozi o nei mercatini dell'usato. In un negozio di Bernburg trovai anche i cd di Laura Pausini e di Elisa ma non solo. Da quelle parti non c'è anima viva che non conosca "L'italiano" di Toto Cotugno (conosciuto anche in Francia) e gli evergreen di Albano e Romina.
Nell'ex Unione Sovietica, questo effetto nostalgia degli anni '80 - o revival da cariatidi - è ancora più accentuato, da quando Gorbaciov decise di far trasmettere anche lì il Festival di Sanremo Oltre a Cotugno e alla smielata coppia scoppiata, sono famosissimi Mina e Celentano ma anche i Ricchi e Poveri che collezionano 70 date all'anno e sold-out in serie. Stessa cosa dicasi per Pupo,i Matia Bazar e Riccardo Fogli. Evidentemente da quelle parti non si sono accorti che sono indietro di trent'anni...
Per fortuna tra i nostri pezzi da Novanta possiamo sfoderare tutta una serie di pianisti che collezionano soddisfazioni in serie in ogni angolo del globo. Penso agli immensi Stefano Bollani e Ludovico Einaudi, ma anche a Giovanni Allevi, tutti artisti che apprezzo moltissimo e che continuano a sfornare capolavori in serie. Einaudi, per fare un esempio, ha firmato la colonna sonora del film francese "Quasi amici", campione d'incassi un pò dovunque.
All'estero non sono mancati i sorrisi per Lucio Dalla: la sua "Caruso" è conosciutissima e ha venduto 9milioni di copie nel mondo. Stesso dicasi per Umberto Tozzi: "Gloria" e "Ti amo" sono diventati dei successi planetari, anche grazie alle versioni inglesi di Laura Branigan ("Gloria" in inglese raggiunse il primo posto nei singoli in America, un risultato straordinario). La Branigan visse di rendita sui successi di Tozzi, e cercò il bis con "Self Control" di Raf, che, pur presente nella colonna sonora di "Ghostbusters", ebbe meno successo.
Anche Elisa ha avuto ottimi riscontri fuori dai nostri confini, per non parlare di Andrea Bocelli che miete best-sellers in America ed è apprezzatissimo anche nei paesi dell'est e in Sudamerica. Lì è diventato un mostro sacro, prendendo il posto di Pavarotti.
Stanno muovendo i primi passi oltralpe anche i Negramaro, la cui ultima turnèe ha toccato varie città europee tra cui Varsavia e lo storico Hard Rock Calling di Londra. Coroneranno il successo dell'ultima raccolta suonando a San Siro e all'Olimpico di Roma, una carriera sempre in crescendo.
Peccato che il mito dell'italiano pizza spaghetti e mandolino perseveri, a causa anche delle tournee di Renzo Arbore e della sua Orchestra italiana. Per un ricambio musicale anche all'estero ci vorrebbe ben altro...
E ci sarebbe voluto anche un altro tipo di approccio da parte di alcuni mostri sacri della musica italiana. Sto parlando di Vasco Rossi, che non ha mai provato il grande salto, forse spaventato dagli esiti poco confortanti dei tentativi di Lucio Battisti anni prima.
E parlo anche di Luciano Ligabue, un altro che ci avrebbe almeno potuto provare, perchè certo non fanno testo i recenti concerti che ha tenuto a Londra.
Avrebbero dovuto prendere esempio da chi invece all'estero ce l'ha fatta. Grosse soddisfazioni se le sono tolte i grandi gruppi progressive del passato. Penso alla PFM, autrice di dischi in inglese entrati in classifica sia in Gran Bretagna che negli States, o al Banco del Mutuo Soccorso. E non solo lì, in Giappone vanno pazzi per il nostro progressive, tanto che pochi mesi fa c'è stato un Festival Prog di musica italiana che ha richiamato tanta tanta gente.
Vasco e Liga avrebbero dovuto prendere esempio anche da Zucchero, altro grande ambasciatore nella musica italiana nel mondo. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando è andato in America carico di sogni e con 30milioni di lire per produrre il suo album. Avesse fallito, la casa discografica l'avrebbe scaricato: ha vinto lui. E' diventato amico stretto di Bono e di Sting, ha fatto tournee con Eric Clapton e Joe Cocker, ha suonato e registrato canzoni con mostri sacri del livello di Miles Davis e John Lee Hooker, di Dolores O'Riordan e Jeff Beck. Come dicevano i Camaleonti, applausi.
I paesi latini sono un discorso a parte. Lì di soddisfazioni ce ne siamo tolte tante e continuiamo a togliercele. Laura Pausini ha fatto un passo falso in U.S.A. con "From the inside", a causa di un cd con arrangiamenti poco adatti alle sue corde, ma nei paesi latini è conosciutissima, la numero uno. Ha folle di fans e le sue canzoni sono cantate in ogni dove, non è un caso partirà a breve un nuovo tour mondiale.
E sono molto noti Tiziano Ferro e Nek, due che in Sudamerica vendono dischi come caramelle.
Per far capire la loro fama, basterebbe dire che nell'edizione di "The Voice" spagnola, il posto di Raffaella Carrà e Piero Pelù era proprio di Ferro e Nek. Mica male.
Una parola la regalerei anche a "Destinazione Paradiso", la cui versione spagnola è stata un successo esagerato. In particolare, "La mia storia tra le dita" è diventata un "bolero", ovvero un evergreen e il video su youtube ha appena superato i 20milioni di visualizzazioni.
Quelli che però davvero apprezzo sono quelli che si mettono alle spalle il successo italiano e ricominciano, ingoiando sterco e sudore. Penso agli Afterhours, che hanno pubblicato "Ballate per piccole iene" anche in versione inglese e si sono fatti il mazzo su e giù per Inghilterra e America: il successo commerciale non è arrivato ma hanno portato a riva complimenti e nuovi fan, una medaglia al valore per una rock band italiana.
E ci sarebbe voluto quel coraggio che ha contraddistinto anche Jovanotti. Quest'estate per la prima volta farà gli stadi, un tour grandioso, ma poi tornerà in America dove ha preso casa; ha ricominciato daccapo, nei piccoli club, e l'inizio è incoraggiante. Tanto di cappello, almeno ci sta provando.
Perchè si sa, noi siamo la più piccola delle province, l'America è l'ombelico del mondo.
2 commenti:
dio che pesantezza.
Il primo commento negativo, alleluia! :-)
Mi farebbe piacere sapere perchè lo hai trovato noioso e magari sapere nome e cognome. Almeno metterci la faccia come fa il sottoscritto no? ;-)
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