27 giugno 2014

NON SOLO RIFLESSI





Lo shock per la pessina copertina di "Reflektor" non l'ha avuta vinta. Sono bastati infatti pochi ascolti e mi ero già innamorato del quarto lavoro degli Arcade Fire. L'album arrivava dopo il successo di critica e pubblico - condito da molti premi - di "The Suburbs" (2011), e quindi non era un'impresa facile anche solo gestire le aspettative. Il combo canadese ha centrato in pieno l'obiettivo e sfornato un ottimo lavoro, grazie ad un misto di suoni complessi e non univochi, con molti riferimenti ad Haiti, la sua musica e cultura e la produzione di James Murphy dei non più LCD Soundsystem. Con una premessa del genere, potevo mai perdermi una delle due date italiane del "Reflektor Tour"?

                       ARCADE FIRE - 23 GIUGNO - ROMA di Vito Possidente

Arrivati a Roma in treno dalla campagna di Siena, ci incontriamo con Carmen e la rossa Carolina (grazie ancora) ed il caldo romano, per recarci all’ippodromo Capannelle con un buon anticipo, in modo da entrare con tutta calma, bersi le solite birre anti-calura di rito e poi procurarsi una buona postazione (che comunque in seguito perderemo perché la gente è davvero tanta…).
Arrivati nei pressi del palco, ci accorgiamo che la band di apertura, i newyorkesi Antibalas, sta già terminando il proprio set. Il loro è un suono misto tra afro-jazz e soul e devo dire che da un paio di ascolti dati in precedenza pensavo peggio, Tutto sommato, però, si lasciano ascoltare.
Si inizia puntuali alle 21 e 45. Con le note di "Rebellion (Lies)", il gruppo si presenta sul palco con gli ormai famosi "testoni", ma un attimo dopo tutto viene interrotto: sono degli impostori! La vera band arriva e ferma tutto. Il palco è affollato, oltre ai sei originari, si sono aggiunti diversi membri, tra cori e strumenti vari, che si scambiano spesso postazione tra loro. Una volta ristabiliti i ruoli, il restart viene affidato a "Normal Person" e subito dopo parte "Reflektor" (omonima del disco). La platea si lascia subito prendere e trasportare, rapita da ciò che succede on stage, ma soprattutto dalla musica. Il ritmo è danzereccio e gioioso e la coreografia è “coerente”, piena di riflessioni, paillettes, specchi esagonali posti in alto, che vengono usati per vari giochi ed effetti. Il tutto è accompagnato da video e immagini che proiettano colori e forme geometriche ben studiate ed il balletto del video di "We Exist", che qualcuno tra i presenti prova malamente ad imitare - non diciamo chi per pudore.
Si prosegue ed arriva il momento di "Funeral", primo LP del 2004, incensato dai critici di tutto il mondo ed inserito tra i migliori album della scorso decennio (per alcuni il migliore in assoluto), con un Win Butler di bianco vestito e soci che ci concedono un riarrangiamento - a mio avviso penalizzante - di "Neighborhood #3 (Power Out)" (una delle mie preferite), a cui segue l’imponente "Rebellion (Lies)", questa volta sul serio, e senza che subito dopo compaiano i canotti della Gruber.


Verrà concesso spazio anche per gli altri due lavori con "Month of May", "The Suburbs" e una tiratissima "Ready to Start" da "The Suburbs", e "No Cars Go" da "Neon Bible" (2007) . Régine Chassagne spicca sul palco per il suo sorriso raggiante e la sua gestualità, contrapposta alla relativa posatezza del marito Win, e quando canta, incanta. Sarà la polistrumentista signora Butler alla fine di tutto ad emergere, soprattutto dopo "It’s Never Over (Oh Orpheus)", ballata dal centro di una pedana con una scheletro riflettente e "Sprawl II (Mountains Beyond Mountains)", in un'interpretazione irresistibile, con cui si congedano per una brevissima pausa.
L'encore parte subito con una sorpresa: Butler indossa il testone di Papa Francesco e ci concede ancora tre pezzi: "Here Comes the Night Time", "Keep the Car Running", e... Cavolo come si chiama l'ultimo pezzo? Guendalina che è incaricata di prendere appunti della scaletta non ricorda come me, rimaniamo con il black out momentaneo ed i cori "oohooh, ohohohoh oooh ooh" nella testa e loro che si congedano da nìoi, ringraziandoci. Unico peccato veniale? Non mi hanno suonato "Porno", la mia preferita dell'ultimo lavoro.
Gli Arcade Fire sono una band giovane, 10 anni di carriera e solo quattro album all'attivo, ma si può dire con certezza che sono arrivati ad essere una delle migliori in circolazione, e non sono solo i premi e riconoscimenti vari a dirlo, ma anche e soprattutto il riscontro della platea. Il concerto era molto atteso ed esserci è stato un bene, uno di quei regali che ogni tanto la vita ti fa.
La serata si chiude con un etereo - e stancante - tour notturno della Roma capitale, in attesa dell'alba giunta in Piazza del Popolo, in tempo per la metro che ci riporta in stazione. Arrivati a Siena e dopo esserci ripresi drogandoci di caffè, ci si mette alla ricerca del titolo dell'ultimo brano, la maestosa ed anche conosciutissima, (come abbiamo fatto a non ricordarcene?) "Wake Up", perfetta per il nuovo giorno che inizia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

visto che mi hai taggata, eccomi...allora.. a Villafranca altro che birra, spritz a gogò al di fuori della splendida cornice del Castello Scaligero, unica vera attrattativa di un luogo piuttosto triste in quanto circordato da capannoni industriali e spacci aziendali..Riesco a posizionarmi in ottima posizione, o così mi sembra dall'acustica del gruppo di spalla...dopo un lungo cambio palco (si fanno desiderare) ecco che parte Reflektor..mi accorgo che le casse così vicine distorcono il suono potentissimo e tento di spostarmi in posizione più centrale, ma un gruppo di ragazzine invasate minacciano di darmele se oso oltrepassare la barricata di zaini e sacchi a pelo che delimitano la loro "zona". Lo scrivo soltanto perché non mi è mai capitato in nessun concerto in vita mia e l'ho trovato assurdo!Con Power out, però , parte il pogo selvaggio e inizia il divertimento!L'onda mi trascina in posizione centrale e da lì vedo la band dagli specchi in alto, vedo me, vedo il pubblico in un gioco di colori e riflessi straordinario. The Suburbs, We used to wait, Ready to start, No Cars Go mi emozionano moltissimo, ma non faranno Month of May nè Tunnels che adoro...We exist e Afterlife sono coinvolgenti e toccante It's never over. Butler indossa il testone di Papa Francesco anche a Verona e parte con Here Comes the Night Time...Alla fine nessun bis...Bel concerto, sicuramente, ma ammetto...a me Milano due anni fa piacque ancora di più...primo, per la novità...non avevo aspettative e mi sconvolsero con la loro energia: il loro entusiasmo era al massimo (uno di loro si arrampicò sul traliccio del palco continuando a suonare un tamburo), dovevano ancora farsi conoscere al mondo, mentre a Verona a me sono sembrati un po' più stanchi, seppur sempre contenti di suonare (beh, il giorno prima a Roma...). A Milano il gruppo era su più livelli, quindi potevi vederli tutti, mentre a Verona il palco piatto non ti permetteva di farlo con un colpo d'occhio...Infine, il teatrino di due anni fa conferiva un'aria retrò che mi piaceva di più del maxi schermo.. Ma stavolta c'erano l'omino con gli specchi, i coriandoli..Wake up è la loro sigla di chiusura. Dimenticavo..avrei voluto suonassero almeno due ore e invece, anche per il supertemporale che stava arrivando (e che ci ha graziati solo per la durata del concerto, per fortuna), poco più di un'ora e mezza...Vale la pena andarli a vedere e rivedere...Virginia

Antonello Vanzelli ha detto...

Grazie del commento Virginia, a saperlo avremmo potuto fare un articolo con doppia recensione, una cosa unica. Ma va benissimo anche cosi, davvero piacevole leggere del tuo concerto :-)