In un luglio che con le sue piogge vuol far somigliare i miei concerti sempre più a Woodstock, io e la mia fida Bianchi giovedi sera ci siamo recati alla Scuola Holden per assistere al live de Lo Stato Sociale. I cinque bolognesi stanno portando in giro per l’Italia il loro nuovo "L’Italia Peggiore". La serata è in forse per via di nuvole incazzate, ma noi aspettiamo fiduciosi, provando ad asciugarci alla bell’e meglio. E alla fine Giove Pluvio ci grazia: il concerto può iniziare.
LO STATO SOCIALE - 24 LUGLIO 2014 TORINO di Vito Possidente
Il nuovo lavoro, edito sempre per la Garrincha Dischi (per loro come una famiglia), a esser sinceri non mi aveva convinto sino in fondo, forse per via delle alte aspettative, visto quanto mi era piaciuto il precedente "Turisti della democrazia" (2012). E' anche vero, però, che tutte le volte che li ho visti dal vivo (e sono tante, calcolando gli album all’attivo) mi sono sempre divertito, perciò gli ho concesso volentieri la possibilità di farmi cambiare idea.
L’inizio delle danze è affidato ad "Abbiamo vinto la guerra", ed è subito festa. Il pubblico è in gran parte composto da giovani, ma scorgo qualcuno anche un po’ piu maturo del sottoscritto, il che mi consola. La band spazia tra presente e passato, sparando grandi pezzi: da "Te per canzone una scritto ho" a "La musica non è una cosa seria", da "Sono così Indi", in cui si cita Monicelli e compare “La gigantesca scritta Aucan” (questa dovete capirla da soli, altrimenti non vale) a “Quello che le donne dicono”, cantata questa volta e non piu ballata, passando per “Questo è un grande paese” (senza Il Piotta ma con coreografia strampalata annessa) e "Ladro di cuori col bruco", forse la mia preferita.
Musiche orecchiabili dai suoni spensierati, con basi danzerecce condite da rime che rimangono facilmente impresse e diventano subito inni da cantare. I testi raccontano di amori incendiari, di bariste che ti fan perdere la testa, di strane storie tra "Il Sulografo e la Principessa ballerina". Altre volte, però, vanno a toccare temi spinosi di "questo grande paese" (cit.) - i ricordi a Federico (Aldrovandi) e Carlo (Giuliani) -, un saluto agli amici delle valli No TAV, poi si narra indirettamente del Bondi poeta e del presidente impegnato con le belle donne, e ti ricordano che nonostante "c’è la crisi c’è la crisi" gli F35 vanno via come il pane
Infine si concedono un ricordo emozionato - tanto che Bebo si incarta con le parole - a Vittorio Arrigoni, attuale più che mai in questi giorni, visti i fatti di Gaza. La forza di Lodo e soci sono i live, che si trasformano sempre in una serata tra amici in cui ci si diverte, si balla e si scherza. E anche loro sul palco non stanno mai fermi, si scambiano di posizioni, si invertono alla voce, si improvvisano sbandieratori, ballano in coreografie imperfette ma trascinanti, e questo senza un leader definito, ma un gruppo ben coeso. La serata vola, tra stage diving, balli, risate, temi importanti su cui magari fermarsi un attimo a riflettere e una serie di vaffanculo liberatori un po' per tutti ("C’eravamo tanto sbagliati"). Si va avanti così, fino a "Cromosomi", che chiuderà l’esibizione.
La band ha dimostrato ancora una volta - semmai ce ne fosse stato bisogno - che la loro dimensione migliore è quella live. Il risultato alla fine è lo sempre lo stesso: mi sono divertito, ho saltato e ballato (per quanto la mia età da "trentenne a caccia" mi concede di fare), e mi sono emozionato un po' anche io per quel saluto a Vic. Quei gran paraculi (cit. Max Collini) de Lo Stato Sociale sono tornati, ed è solo un bene in questa Italia peggiore.
Nessun commento:
Posta un commento