Non sono un grande cultore dei ”grandi vecchi” della musica. Li rispetto tantissimo, so bene che senza di loro non ci sarebbero tutti quei gruppi che mi piacciono, ma di solito per gli ascolti o i concerti preferisco le novità, dando la possibilità a qualche band sconosciuta e che propone qualcosa di nuovo... Salvo eccezioni. Neil Young è una di queste e ci sono arrivato tardi ed un "po di lato". Era una sera del 2008. Prendo un treno e vado a Milano a vedere gli Afterhours; è il tour de “I Milanesi ammazzano il sabato” e con loro sul palco ci sono anche John Parish e Cesare Basile. È quest’ultimo che quando sale sul palco inizia una versione molto bella di "Cortez the killer", cover che non conoscevo di Neil Young. L'ho ascoltato e riascoltato, e ho capito che alcuni non diventano monumenti per caso.
NEIL YOUNG - 21 LUGLIO 2014 COLLISIONI FESTIVAL di Vito Possidente
Veniamo al 2014. Il concerto, unica data italiana, si tiene a Barolo, immersi nelle bellissime e suggestive langhe, per il "Collisioni festival", realtà sempre piu solida nel panorama italiano.
Arriviamo sulle colline dopo aver lasciato la macchina in un campo adibito a parcheggio (che porta ancora i segni del temporale della sera prima, che ci aveva presi in pieno alla fine del concerto di Caparezza...) e ci dirigiamo su, verso la piazza principale. Come prevedibile c'è coda per l’ingresso (saremo in 12000 alla fine), e la piazza è già piena per metà, con i fans sotto il palco in attesa. Mentre scorgo l'ex leader dei Timoria Omar Pedrini (tranquillo in mezzo a noi come un fan qualunque) in fila per una piadina, ne approfitto per gustarmi un ottimo hamburger, che sarà la mia salvezza. Si, perché proprio mentre sono in dirittura d’arrivo sotto lo stand, arriva una di quelle tristemente famose bombe d’acqua che tanto vanno di moda quest'estate. Pubblico inzuppato, tranne i pochi che hanno un riparo, tipo il sottoscritto.
L’inizio - previsto per le 21.30 - slitta di una ventina di minuti. Ma dopo l’attesa (un po' snervante a dire il vero), ecco che Neil Young, cappello e maglietta nera (una di quelle con la scritta "Heart" che lo staff regalava anche al pubblico) e i Crazy Horse si presentano sul palco, e via con "Love and Only Love": quindici minuti tirati, intensi sin da subito. E andrà avanti così per i primi 3-4 pezzi. Il suono è quello che ci si aspetta: elettrico, sporco (per fortuna non come l’album di cover registrato con Jack White...), tipico della band e ricco di tensione emotiva.
Lo ammetto, sono qui (come credo gran parte del pubblico) per ascoltare il Neil Young famoso, i "pezzoni” imprescindibili, che tuttavia tardano ad arrivare. La scaletta è un po penalizzante, pezzi poco conosciuti che lasciano alcuni tra il pubblico un po' interdetti, con l’aggiunta che il maxi schermo che si trova sul palco rimanda fissa il logo dei Crazy horse, invece di trasmettere ciò che succede sul palco, non avrebbe di certo fatto male, anzi…
Poi però il concerto inizia a salire, Neil attacca prima con "Blowin’ in the Wind" di Bob Dylan e poi una acustica e bellissima "Heart of Gold". Ci si avvia così verso il climax della serata (almeno per me) quella "Cortez the Killer" che mi aveva aperto un mondo: non me ne voglia il buon Cesare, tutta un’altra storia, da brividi. E subito dopo la piazza si infiamma e salta su "Rockin’ in the Free World", prima della pausa.
Tutti speriamo nel bis, all’appello manca ancora tanto, ma ci verrà concessa una sola canzone, "Who’s Gonna Stand Up and Save the Earth" con il pubblico che si lascia trascinare e ne canta il ritornello mentre loro si congedano.
Tirando le somme, le aspettative erano alte ed altre, e si rimane con un “ma” che riecheggia... Mancano all’appello "Like a Hurricane" o "Hey Hey, My My" (in tutte e due le versioni). La location per quanto bella e suggestiva forse non è adatta ai grandi numeri, l’acustica non era il massimo, ed anche la piazza come forma non consentiva una visibilità ottimale (commento della mia amica: ho pagato 50 euro per non vedere e sentire niente..). Le emozioni però sono state comunque forti, un concerto che rimarrà, anche solo per aver visto e ascoltato un’icona del rock ancora in forma. Una di quelle cose che un appassionato dovrebbe fare almeno una volta nella vita.
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