"Ciao, sono Antonello, piacere di conoscerti. Disturbo?"
"No no, ciao. Io sono Deby, piacere mio."
"Che fai nella vita? Io lavoro nel ramo qualità dei materiali."
"Io scopo."
Palla di pelo rotolante mentre deglutisci. Conversazione vera, verissima, e Deby è una delle donne incontrate anni fa in chat. Molte non usano troppi giri di parole. Un'altra ancora, alla mia domanda su cosa cercasse in chat, rispose: "Cerco uomini che paghino. Però non sono una puttana, arrotondo". Non mi fermai a chiederle la differenza.
Certo, mai come Sophie, bellissima francesina. "Sto cercando un uomo che mi sc*** mentre fuma una canna, mi eccita da morire. Chiaramente insieme ad un regalino, capisci?". Le dissi che non fumavo e mi mandò a quel paese. Che caratteraccio! E dire che io da ragazzo i pochi soldi che avevo me li guadagnavo andando a raccogliere i pomodori, le melanzane e l'uva...
COSA FACEVANO PRIMA DEL SUCCESSO di A. Vanzelli e A. Chimenti
Questo articolo è nato ripensando a questi piccoli incontri, ma anche alle parole di Ville Valo, il leader degli Him, che - come raccontato qui - prima di sfondare col love-metal lavorava nel pornoshop del padre. Un lavoro molto più comodo e piacevole di quelli intrapresi dai grandi del rock, basti pensare a Kurt Cobain, compianto leader dei Nirvana. E' uno dei suoi storici compagni d'avventura a raccontare i retroscena:
"Era un bidello nella scuola elementare della sua città. E' grazie all'aver pulito i gabinetti di quella scuola, che è riuscito a pagare la prima demo dei Nirvana!" - Krist Novoselic
Tanto di cappello alla sua tenacia. Per chiudere il cerchio, è ormai risaputo che Dave Grohl, leader dei Foo Fighters, ha lavorato in un negozio di dischi, ma quel periodo alla Tower Records di Washington DC lo ricorda come "il peggior lavoro di sempre".
L'ex leader dei White Stripes e ora negli ottimi The Racounters Jack White, in adolescenza, ha lavorato come tappezziere, mentre l'esordio lavorativo di Jon Bon Jovi riporta al Natale: progettava infatti decorazioni natalizie. E' curioso altresì notare che molte delle dive del pop mondiale hanno iniziato come semplici cameriere. Sono passate da McDonalds Macy Gray, Pink e Shania Twain. Non molto diversa la strada intrapresa da Madonna che per un breve periodo lavorò da Dunkin Donuts, catena statunitense di ciambelle e caffè.
Mi ha sempre affascinato la storia di Annie Lennox che, dopo aver lavorato in una libreria, iniziò a cantare nei pub, facendo anche la cameriera per mantenersi. Fu così che conobbe Dave Stewart, con cui creò gli Eurythmics e arrivò al grande successo.
Dagli Eurythmics ai Rolling Stones. Mick Jagger ha lavorato come facchino nell'ospedale psichiatrico di Bexley (da cui probabilmente prese spunto per "19th nervous breakdown"), mentre diverso è il percorso giovanile del fido Keith Richards:
"Andavo alla scuola d'arte e studiavo pubblicità, perché non è che ci imparavi granché sull'arte. Portai il mio portfolio a un'agenzia e mi dissero: "Ma una buona tazza di thè sai farla?" (adorano smontarti). "Si, ma non per voi", fu la mia risposta. Lasciai lì le mie stronzate e non mi videro più. Dopo aver lasciato la scuola, non ho più detto "Sissignore" a nessuno." Da "Rolling Stone - Le Grandi Interviste" (Edizioni White Star)
Caratterino niente male sin da ragazzo, non stupisce che sia arrivato in cima al mondo. Se ti chiami Keith Richards, puoi davvero ottenere tutto quello che vuoi...
Gene Simmons dei Kiss, noto tombeur de femmes, manifestava la sua indisciplina sin da giovane, quando insegnò inglese al liceo. Fu licenziato perchè invece dei libri di testo pensava ai fumetti. Inizio tra i banchi di scuola anche per un nostro grande cantautore:
"Insegnavo come supplente di italiano e latino al Tito Livio. Un'esperienza interessante, non solo dal punto di vista propedeutico: non in quanto bello, ma perché giovane e nuovo, le ragazze si innamorarono tutte di me, mentre i ragazzi imitavano il mio taglio di capelli. Mi sembrava di essere Fonzie.
Nell'estate del 1977 diedi il dolore più grande della sua vita a mia madre lavorando da commesso. (...) Si chiamava Mercato Americano. (...) Peccato si trattasse di merce avariata, così passavi la metà del tempo a litigare con chi aveva acquistato un capo il giorno prima. Mi licenziarono ad ottobre, perché il proprietario mi aveva trovato addormentato. Non mi disperai, pensando ai sospiri di sollievo di mia madre e delle mie zie. E poi, la macchina dei Decibel si era già messa in moto." Enrico Ruggeri - La Vie En Rouge
Qualche problema con sua mamma l'ha avuto - chissà come mai - anche Ozzy Osbourne:
"Proprio non mi riusciva di conservare un impiego. Prima, lavorai in una manifattura di bigiotteria: facevano portatovaglioli e portasigarette. Poi feci l'idraulico e l'addetto al carrello del tè in un cantiere. Successivamente lavorai in un macello. Quello fu il mio posto più duraturo. Cosa facevo? In breve: uccidere. Era tutto automatizzato, ma di tanto in tanto mi lasciavano accoppare una mucca. (...) Poi trovai lavoro in un obitorio. A quel punto mia madre perse le staffe: "Tu sei pazzo".
(...) Poi mamma mi procurò il mio primo impiego musicale: accordare i clacson. Ci si attendeva da me che ne sistemassi 900 al giorno. Riesci ad immaginare di startene in una stanza immerso in quel fottuto casino? L'idea base per la classe operaia in Inghilterra era di lavorare fino alla pensione, e poi ti davano un orologio d'oro. Ti dò la mia intera vita in cambio di un orologio d'oro? Piuttosto, spacco la vetrina di una gioielleria e ne rubo uno." Tratto da "Rolling Stone - Le Grandi Interviste" (Edizioni White Star)
Qualche ragione sua mamma ce l'aveva, diciamolo, ma è la sua follia a rendere Ozzy unico, la scintilla impazzita del rock...
Ozzy Osbourne - Caricatura di Antonio Chimenti |
Johnny Cash da piccolo fu costretto a lavorare in fattoria. Ecco cosa raccontò al riguardo: "Non so se il lavoro duro fu importante per la formazione del mio carattere. Tagliare e raccogliere cotone è un lavoro sgradevole. Non so quanto bene mi abbia fatto. Non so quanto svolgere lavori sgradevoli faccia bene in generale. Iniziai a scrivere canzoni a 12 anni. Erano canzoni d'amore, tristi. Credo che c'entrasse parecchio la morte di mio fratello Jack, quando avevo 12 anni. Io e mio fratello eravamo davvero molto vicini." Tratto da "Rolling Stone - Le Grandi Interviste" (Edizioni White Star)
E' molto suggestivo ascoltare anche i ricordi d'infanzia di Beppe Carletti, anima e cuore dei Nomadi:
"Finita la scuola, eccomi a lavorare in una ditta che fabbricava portaombrelli in rame. Dovevo pulire le sbavature dello stagno e la busta paga la teneva papà. Fu quello il primo di tanti lavoretti, seguito poi da un calzaturificio, da una rivendita di acque minerali e da una carrozzeria, che abbandonai subito perchè l'odore delle vernici mi faceva stare male. "Vuoi fare la musica? Ma non è mica un lavoro quello lì, Beppe", mi diceva mia mamma, agitando le mani sopra il lavandino. Io annuivo, facevo finta di darle ragione, ma non avevo alcuna intenzione di rinunciare alla fisarmonica." Da "Io Vagabondo - 50 anni di vita con i Nomadi" (Arcana - 2013)
E che dire di Rod Stewart? Fu ingaggiato da una squadra di calcio, ma prima ancora aveva lavorato come becchino al cimitero. Con la musica non gli è andata poi così male...
Una delle storie più curiose riguarda il Maestro Franco Battiato:
"Ero un tipo di fattorino un po' speciale, perché recapitavo pacchi di dischi che in parte incidevo anch'io. C'è un lato comico in questa vicenda. Incidevo dischi e per guadagnarmi da vivere li portavo in giro. All'epoca noi cantanti sconosciuti incidevamo i successi di altri per sottomarche specializzate. Ci davamo cinque o diecimila lire per incisione e non bastavano per vivere. Così io lavoravo spedendo i pacchi per corrispondenza. La gente li comprava perchè costavano molto meno di quelli originali".
In quello splendido libro-intervista che è "Tecnica mista su tappeto" (Franco Pulcini, EDT - 1992), il maestro racconta anche degli inizi nel cabaret col suo folk siciliano, delle piccole esperienze a teatro e del periodo di gavetta in balera, che durò svariati anni. Credetemi, un libro assolutamente imperdibile.
Per oggi può bastare così. E voi, conoscete qualche altro aneddoto curioso o particolare riguardo gli inizi dei grandi della musica?
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