Ho un debole per chi si ferma a giocare con ogni randagio che incontra, per chi usa la vibrazione sul cellulare (si, esiste), per chi ai concerti continua ad alzare al cielo l'accendino.
Ho un debole per le donne che arrossiscono, per quelle che fanno il tiramisù e le polpette, per quelle che "Mi piace l'uomo con un po' di pancetta", per quelle che il bicchiere lo vedono sempre mezzo pieno e se lo bevono d'un fiato.
Ho un debole per gli uomini che ancora regalano dischi, per quelli che "Oh quanto tempo...Come stai? Dai, allora ci si vede!" e poi ti chiamano sul serio, per quelli che sono più pettegole di una comare di paese.
Ho un debole per chi aiuta un anziano, per chi torna nei posti in cui è cresciuto e si commuove, per chi ogni tanto va in garage a togliere la polvere dai giochi della sua infanzia. E si, ho un debole per quegli album che profumano di pane appena sfornato. Come "Raccolti" dei Modena City Ramblers.
RECENSIONI FUORI DAL TEMPO di A. Vanzelli
Per me ogni gruppo musicale mi riporta subito alla mente il nome di chi me l'ha fatto conoscere. I Modena City Ramblers hanno il nome di Raffaele, caro amico dell'università dal cuore bipolare: il nord è metallaro, il sud è folk. Mi prestò una cassettina dopo aver ascoltato qualcosa nella sua auto e fu amore a primo ascolto, fulminante. Era appena uscito "Raccolti", il loro primo disco live, e corsi a comprarlo: mai soldi spesi meglio. E' un disco caldo, un thè all'arancia in una giornata invernale, anzi no, un boccale di birra in un pub irlandese, uno molto simile a Sisten Irish Pub di Novellara, locale in cui il disco è stato registrato. E' caldo anche perchè tutto acustico, raccolto appunto.
La fisarmonica di Alberto Cottica, mani del pubblico a tempo, e i MCR ci prendono di peso e ci portano altrove. Non servono assoli esagerati, elettronica a go-gò o colpi da ganassa, il gruppo emiliano dimostra che anche da noi si può fare folk di qualità e regala quasi 70 minuti di grande musica, a partire da "Clan Banlieu" che pur orfana di Paolo Rossi resta allegramente avvolgente, cosi come "Transamerika" e la storia che c'è dietro. Narra infatti del primo viaggio di Che Guevara con l'amico Alberto Granada in moto lungo l'America Latina.
Una delle forze della band è proprio nelle storie che racconta, pescando a piene mani nei lampi di Gabriel Garcia Marquez e nel suo "Cent'anni di solitudine" ("Remedios La Bella", "Il ballo di Aureliano" e la stessa "Cent'anni di solitudine", in versione meno combat), ma anche rubando dalla strada, da sempre foriera di personaggi dalla grande umanità ("Ahmed l'ambulante"). I racconti scivolano dal giocoso (la dialettale "A ch'è chi g'à" su testo della poetessa modenese Onelia Mazzi) all'impegnato, con la strepitosa "La Banda del Sogno Interrotto", in cui la band tratta il tema della mafia siciliana, lodando il coraggio di chi non si arrende. Tamburello, mani al cielo a battere il tempo e Cisco guida la truppa nel paradiso delle canzoni più belle degli Anni '90.
I Modena mischiano sapientemente i colori della tavolozza, alternando pennellate intime a schizzi rabbiosi. Nell'abbraccio del pub, spicca l'ottimo inedito "Notturno, Camden Lock", "una ballata notturna molto bella", per usare le parole dell'allora frontman. Note soffuse, l'ideale per per farsi riscaldare in una notte di gennaio mentre fuori nevica. La barriera corallina creata dagli strumenti crea ghirigori di grande effetto, e l'atmosfera, come dicevamo, muta tonalità senza mai perdere luce. Il rock è fuori dalla porta del locale per una sera, ma non se ne sente la mancanza, quasi a dimostrare che il centro del cuore dei MCR è questo, tra l'alcolico acustico e l'intimo a tinte irlandesi.
Scivolano via come carezze "Al Dievel", "Qualche splendido giorno" e "Una canzone dalla fine del mondo", le cui melodie restano a cullarti, chiudi gli occhi e premi di nuovo play. E che dire del folk tradizionale de "La fiola dal paisan" (di solito cantanta da La Piva dal Carner), che la band riprende a modo suo, facendola diventare ancor più trascinante, con quel giro fatto apposta per far ballare una piazza intera.
Inutile parlare delle celeberrime "Grande Famiglia" e "Bella Ciao", due capisaldi della loro carriera, rischierei di essere banale. Poi arriva "In un giorno di pioggia" fisarmonica e voce e già così sono brividi, prima che entrino tutti gli altri e la testa inizi a muoversi per i fatti suoi. E' tempo di salutarsi e quale canzone migliore di "Ninnananna", degno calice al cielo per salutare un grande album che si congeda.
Io non so suonare nulla, uno dei crucci dei miei 35 anni, ma se dovessi scegliere un disco live in cui avrei voluto suonare è questo, senza dubbio. Sono passati ormai sedici anni dalla sua uscita, tante cose sono cambiate, anche nel gruppo, ma in queste diciotto canzoni si respirano cieli immensi, birra e sorrisi: mondi diversi - Dublino e Modena - eppure mai così vicini. Si respira gioia, e io ho un debole per chi quella gioia la trasmette anche a me.
I Modena City Ramblers sono in tour, ecco le prossime date:
30 Aprile - Velvet di Rimini
1 Maggio - San Benedetto del Tronto
2 Maggio - Sonar di Colle Val D'Elsa (SI)
3 Maggio - Borgo Grotta Gigante di Sgonico (TS)
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