Ero dai nonni, una domenica mattina persa tra tante altre tutte uguali. I primi vagiti dell'estate mostravano colori pastello, vividi come se Dio fosse innamorato e volesse tinteggiare le ombre del mondo. Mi annoiavo, aspettando i miei cugini per correre tutto il giorno dietro ad un Super Santos. Accesi annoiato la televisione, mangiandomi due panzerottini ripieni di marmellata fatti da nonna.
Linea Verde no... Mattina in famiglia? Dio me ne scampi... La Domenica del villaggio? Cugini cari, muovetevi ad arrivare sennò mi faccio una canna di prezzemolo e mentuccia.
Scivolai facile su MTV ed incappai in uno che sembrava molto più sociopatico di me.
Camminava per strada, fregandosene di chi gli si parava davanti ed investendo tutti con menefreghismo poco
british. La veloce parabola dei Verve stava per toccare il suo punto più alto.
IMMAGINI CHE SANGUINANO E CHE PORTANO ALTROVE
Nel 1997, il gruppo di Richard Ashcroft e Nick McCabe veniva da due dischi molto apprezzati dalla critica; era però mancata la hit, il pezzo forte per scardinare le radio e le voglie delle masse.
Hurban Hymns, di hit, ne aveva anche troppe. Il primo singolo scelto fu "Bitter Sweet Symphony" e fu l'apoteosi, grazie ad uno dei cortometraggi più azzeccati da quando esistono i videoclip: Richard Ashcroft che cammina per le strade di Londra urtando o investendo chiunque gli si pari davanti, in un'atmosfera resa eterea dai toni del celeste e dell'azzurro scelti dal regista.
Ashcroft non si muove di una virgola mentre avanza lungo Hoxton Street; lo sguardo è perso dinanzi a se, nel vuoto pneumatico, mentre canta "No, change, i can't change, i can't change". No, non cambio, non posso cambiare, e tira dritto. E fa bene perchè il video porta ancora più visibilità al pezzo e a tutto l'album, una cometa che lascia la sua luminosa scia in tutto il mondo, persino in America, solitamente diffidente con gli artisti inglesi.
Già, bello, bravi, poi però vai a vedere e scopri che l'arpeggio su cui si fonda la canzone è pari pari quello di un pezzo dei Rolling Stone riarrangiato per orchestra in "The Rolling Stones Songbook" (con la Andrew Oldham Orchestra) e che i Verve si sono visti far causa per questo scopiazzamento. E chiaramente l'hanno persa: Mick Jagger e Keith Richards sono ormai entrati a pieno diritto tra i crediti del pezzo.
Già, bello, bravi, bis... E infatti c'è anche un'altra tiratina di orecchie perchè anche il video deve molto a "Unfinished Sympathy" dei Massive Attack, in cui Shara Nelson, la vocalist del gruppo, avanza cantando per le strade di Los Angeles.
La differenza, però, è tutta nell'atteggiamento di Ashcroft mentre cammina. Faccia da schiaffi, testa alta e fottetevi: noi siamo qui per conquistare il mondo a spallate. Pezzi come "The drugs don't work", "Lucky man" e "Sonnet", però, erano carezze, altro che spallate. E mi carezzano ancora.
Ci sono artisti italiani che restano vittime di equivoci grossi come elefantesse gravide. Della categoria fanno sicuramente parte i Velvet, gruppo romano famoso per "Boyband" e per "Dovevo dirti molte cose". Ecco, proprio "Boyband", diventata anni fa un tormentone, ha creato nel pubblico la credenza - sbagliata come il Negroni - che Pier e soci fossero una boyband italiana, quando invece il testo era ironico e voleva proprio significare il contrario. Hanno dovuto lavorare a lungo per togliersi quell'etichetta di dosso.
Li ho visti dal vivo anni fa, credo fosse il 2005: grandissimo concerto! Era il tour di "10 Motivi", album di per sè molto rock che trovava nella dimensione live una caratura ancora più hard. Tornai a casa davvero soddisfatto, altro che equivoci.
La prima volta che inarcai il sopracciglio, però, fu quando uscì il video di "Funzioni primarie". Il sound era diverso dal pop degli esordi, con il basso in evidenza e il ritmo più tirato. La sentii in radio e mi piacque da subito. Quando poi vidi il clip in tv, rimasi a bocca aperta: mi fuoriuscì un sincero e raffinato "Stica...!!!". Vinse il premio italiano come miglior videoclip indipendente del 2003, strameritato, bissato quest'anno - a dieci anni esatti - con "La Razionalità", altro grande video e preludio al nuovo album.
Il primo amore, però, non si scorda mai e "Funzioni primarie" resta qualche passo oltre. Il video inizia sui toni del giallo, quello del grano in cui l'uomo corre felice, vestito solo di un paio di pantaloni e delle sue ossa sporgenti. E' un attimo, le tinte sfumano in toni più ombrosi: l'uomo che correva si sveglia, era solo un sogno. E' circondato da uccelli, ce ne sono ovunque, anche in bagno.
La scena perdura in una sensazione di straniamento, tra rubinetti senza acqua e televisioni prive di segnale. Si abbandona sul divano, immaginando corse tra i campi e mani femminili che lo sfiorano. Si ridesta, vestendosi, sembra un becchino, non è un becchino.
Cammina, sta andando da qualche parte, sempre circondato da volatili, sembra una pellicola di Hitchcock ma no, sono inoffensivi. Dopo aver incrociato i Velvet, raggiunge la sua meta e... e guardatevi il video, rigorosamente fino alla fine, perchè di video così belli se ne girano uno ogni rinuncia di Papa al Pontificato.
L'America non ha monumenti intrisi di storia. Da loro lo diventano il Ponte di Brooklin, la Statua della Libertà e il Monte Rushmore, tutta roba con meno di 150anni alle spalle. I monumenti americani sono le persone e ciò che si portano dietro: sono i Benjamin Franklin e la John Fitzgerald Kennedy, sono i Toro Seduto, i Martin Luther King e il piede di Neil Armstrong sulla Luna. E lo diventano anche gli scrittori, con le loro pagine fradice della pioggia e della polvere delle highways, o i grandi cantautori. Si, Johnny Cash era un vero monumento americano, con le sue oltre 1500canzoni incise e sparse su 500 e più dischi.
Sono passati dieci anni da quando se n'è andato. Si spense nel Settembre del 2003, a pochi mesi dalla morte della sua amatissima moglie June, compagna di vita per 35anni.
In quell'anno ci regalò una canzone strana, arrivò quasi a tradimento: era "Hurt", cover dei Nine Inch Nails del fortunato Downward Spiral. Johnny Cash che rifà un pezzo di Trent Reznor? In molti rimasero spiazzati, eppure questo testimoniò la curiosità e la grande apertura mentale dello storyteller statunitense.
"La prima volta che sentii la cover di Cash ero in studio con Zach De La Rocha (Rage Against The Machine). Alla fine dell'ascolto eravamo sul punto di piangere, c'era un silenzio incredibile. Poi qualcuno si schiarì un pò la voce e per rompere quel silenzio surreale disse: "Ok, andiamo a prendere un caffè?" Trent Reznor - Nine Inch Nails (Fonte: Soundblog)
La stessa commozione di Reznor io l'ho provata la prima volta che ho visto il video. NME, storica rivista britannica del settore, lo ha premiato come miglior videoclip della storia della musica ed difficile dar loro torto.
Un Cash segnato da rughe profonde come canyons e da un'espressione sghemba (dovuta ad una malattia che gli bloccava la bocca per lunghi periodi), eppure presente al suo presente e al suo passato, che scorre dinanzi ai nostri occhi come un cortometraggio lungo una vita. In quelle immagini c'è la sua storia e quella di un'America fuori dal tempo, c'è un chitarra e voce che è insieme alba e crepuscolo. E infine, c'è il cuore di un grande cantautore che non c'è più, e ci manca.
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