11 dicembre 2013

DA MISTER HIDE A DOTTOR JEKILL





Torno giù dai miei solo due volte l'anno. Poco, pochissimo. Una volta lì, ho bisogno di poche cose per stare bene. Tra queste, le mie cianfrusaglie accumulate sin dall'infanzia in cartoni e mobili in garage: in quell'inutile c'è la mia vita. Conservo ancora le orribili sorpresine di gomma del Mulino Bianco di quando ero piccolo, i quaderni delle elementari con su scritto "Bravissimo" della maestra Frigiola. I vecchi Topolino mischiati ai Tutto Musica, gli Sgorbions e le macchinine tra cui quella che mettendola nel freezer cambiava colore. E che dire dei pacchi di fiammiferi di Italia '90, del marsupio della Juve, dell'orologio di jeans della Benetton e della collezione di fogliettini dei Baci Perugina? Tutto molto kitsch. mio padre vorrebbe buttare tutto. Se ci prova, gli metto la Fanta nel Primitivo.
L'ultima volta, tra l'album di figurine di Beverly Hills 90210 - che avete capito? Era di mia sorella - e quello dei calciatori del 1994, è apparso il più figo di tutti: l'album del wrestling. Ultimate Warrios, Andrè The Giant, Macho Man Randy Savage... Tutti eroi per noi pischelli di inizio anni Novanta. Ci credevamo davvero alle loro sanguinose mazzate e alle incredibili vittorie di Hulk Hogan, che dal coma riusciva sempre a resuscitare e a spazzare via l'Undertaker di turno. Lo trasmettevano su Italia 1 e mi innamorai alla follia di una delle sigle musicali. Non si poteva mica shazzammare a quel tempo, e figurarsi se c'era Yahoo Answers, quindi rimasi con l'atroce dubbio su chi fosse a suonare quell'orgasmante assolo di chitarra.

                              MARK KNOPFLER - MONEY IS NOTHING

Ogni tanto papà tornava a casa con una cassetta registratagli da qualche collega e buona per lo stereo dell'auto. Era una domenica mattina e stavo andando dai nonni - lo ricordo come se fosse ora - e dalle casse uscì la sigla del wrestling.
"Papà papà, chi sono questi eh? Papà, chi sono? Chi sono? Chi sono?"
Mi guardò nello specchietto che saltavo sul sedile e, sorridendo, disse: "Ti piacciono? Sono i Dire Straits con 'Telegraph Road'"
Pronunciò il nome del gruppo proprio com'era scritto, e io continuai a dirlo nella maniera sbagliata per anni. Quanti brividi con quella cassettina. Avrò avuto undici o dodici anni e, innocentemente, pensai che anche il lato B fosse opera di quella spettacolare band. Non capivo la differente vocalità, non capivo il perchè dei cambi di musicalità così spiazzanti tra la prima parte e la seconda. Compresi anni dopo quando scoprii che sul lato B c'erano "Talkin' about the revolution", "Fast car" e "Baby can i hold you" di Tracy Chapman. Ah, beata ignoranza!

I Dire Straits, uno degli amori più vibranti che ricordi. Mark Knopfler suonava la sei corde in un modo tutto suo ed è stato il primo chitarrista che ho amato con un briciolo di cognizione di causa.
Altro aneddoto a perdere. Gita liceale, io col walkman nelle orecchie, perso nelle mie scorribande solitarie ad occhi chiusi. Parte "Telegraph Road" e io impazzisco: parto mimando l'assolo di Knopfler, contorcendomi sul sedile come un novello guitar hero. Quando mi ridesto, c'è mezzo autobus a guardarmi, anche la prof d'italiano. Le espressioni erano tra il pietoso e il compassionevole, una delle figure di merda più scandalose della mia vita.
Queste pillole la dicono lunga su quanto abbiano accompagnato i miei anni. Non un album, non una compilation, solo un suono inconfondibile e che ha fatto scuola, o meglio, università.

"Sono mancino, ma utilizzo una chitarra per destri, quindi uso la mano sinistra, quella più forte, per avere più vibrato sul manico. E poi non uso il plettro, ma le dita." Mark Knopfler (Intervista a Rolling Stone, 2008)

La prima canzone di quella cassettina era, manco a dirlo, "Money for nothing". Tutta giocata su un maestoso riff, la canzone nacque in un negozio di elettrodomestici a New York. Già, avete capito bene: Knopfler fu ispirato dal ragazzo che lavorava in questo negozio - riprodotto stile cartoon nell'innovativo videoclip - e dal suo linguaggio di fronte ad una fila di televisori sintonizzati su MTV, al punto da prendere carta e penna e scrivere parte del testo sul momento. Per anni l'ho cantata e per anni ho ignorato che tutti i cori e il famosissimo "I want my MTV" sono di un certo Gordon Sumner, al secolo Sting.

A seguire c'era "Private investigations", con le sue atmosfere fumose. Knopfler abbassa la velocità e si avvicina, per sussurrarti di indagini e di slealtà, ma è la musica che resta sul trono, sontuosa, grazie ad un arrangiamento da Premio Oscar come miglior colonna sonora, magari di un film tratto da un romanzo di Raymond Chandler.
"Walk of life" spezzava quel momento trasognato per riportare tutto sui binari di un rock spensierato che flirtava col pop da classifica. Sincero? Troppi ascolti e sovraesposizione. In altre parole, mi ha un pò stancato, ma la melodia è talmente accattivante che non si può parlarne male senza incorrere nel ridicolo.
Quella che non mi stanca mai è invece "Tunnel of Love", piccola sceneggiatura in musica. Un Luna Park sullo sfondo e il colpo di fulmine di due sconosciuti, che si ritrovano ad emozionarsi insieme, a sentire quell'assolo di brividi lungo la schiena, l'assolo di un amore che sta nascendo.
"Vieni a fare un giro lento con me, ragazza, nel tunnel dell'amore."
Il sentimento viene però smorzato sul nascere, con un medaglione in regalo e un bacio d'addio. Decidono infatti di lasciar perdere, bloccati dalla paura di soffrire ancora per amore.
La liaison tra i due è oscurata dalla potenza della cavalcata sonora: trascinante, coinvolgente, con un film chitarristico nel finale che vorresti non finisse mai. Un regalo di 8minuti e 12secondi, un cadeau di quelli che trovi nei mercatini dell'antiquariato e che non devi mai farti scappare.

Le atmosfere tornano soffuse con "Your latest trick", carica di istantanee notturne da vita di periferia, di doposerate alcoliche e col trucco sbavato. Altra colonna sonora, con quel sassofono che è come un vecchio amico, che quando ti vede sorride già a dieci metri di distanza e ti si apre il cuore.
"So far away" è una canzone immediata e bella, non servirebbe altro a descriverla. Knopfler era maestro nel disegnare panorami semplici, diretti. Non gli serviva essere arzigogolato o giocare in tecnicismi. Infatti ti fa subito muovere la testa al ritmo di una melodia bastarda.

La cassettina - prima di passare a Tracy Chapman - termina con "Brothers in arms". Il frontman britannico scala di marcia per affrontare con delicatezza il tema della guerra. E' uno dei suoi testi migliori, una lunga lettera di un soldato morente che scrive al suo compagno di battaglia, parole intrise di speranza e amarezza.
Non so chi è stato quel collega di papà che registrò questa musicassetta ma non avrebbe potuto scegliere meglio.

Knopfler mi ha sempre stuzzicato più di tanti altri guitarist, per quel suo profilo basso, per quella sua aura magnetica da antidivo. L'ho sempre visto molto "british", ragionando sul fatto che fosse Freddie Mercury l'eccezione, non Knopfler.
E da antidivo si è comportato nella gestione del marchio Dire Straits e della sua carriera solista. Ci sono band che continuano a vivere - o a morire? - senza più osare, senza più provare a sperimentare. Giocano alle rockstar nonostante i 70 anni, diventando la cover band di se stessi.

"Quei concerti negli stadi erano eventi, non vere esperienze musicali. Stavo scappando dalla realtà, dal mio matrimonio, e sparendo nella vita on the road. Per non mancare di rispetto al mio talento ho dovuto prendermi cura di me stesso. Volevo tornare a scrivere canzoni, registrarle e cantarle alla gente, ma a un livello più reale." (Intervista a Rolling Stone - 2008)

Messa in soffitta la band, ha voltato pagina, fregandosene dei soldi e pensando a ciò che davvero voleva suonare. E' tornato alle sue radici, fatte di musica scozzese, di blues, Chuck Berry, Buddy Holly, Muddy Waters e, soprattutto, Duane Eddy e James Burton. E' ritornato all'amore per Bob Dylan, che amava quando era solo un bimbo e correva a casa per guardarlo in tv.
Il rovescio della medaglia, tuttavia, è proprio lì. Nei suoi album da solista manca quella magia che mi portava altrove, manca quel groove che ti terremotava la gamba facendola muovere a tempo. Mancano i Dire Straits appunto.
Qui e là riappaiono come fantasmi, come spunti, ma ben poca roba. Anni fa, ha lanciato un singolo stuzzicante - "What it is" - che era molto direstraitsiano ma è stato uno specchietto per le allodole, una squisita esca per portarsi dietro un pò di fan della prima ora.
Intendiamoci, di roba di qualità ne ha sparata: penso a "Sailing to Philadelphia", sublime duetto col mostro sacro James Taylor; penso alle piacevoli prove a due voci con Emmylou Harris o a "Body Reiver". Poi, però, ci rifletti su e ti accorgi che il country, il folk, la cornamusa... Si, tutto molto carino e ben confezionato ma, porca miseria, ogni tanto rivorrei quel fremito di un tempo.
Dov'è finito il Knopfler che conoscevo, quello con la fascia in testa da tennista anni '70? Non c'è più, è come se si fosse trasformato in un pacioso padre di famiglia: da Mister Hide del rock si è trasformato in un Dottor Jekill inoffensivo e privo di mordente.
Come ho detto prima, non sopporto chi si mangia addosso, ripetendo la stessa canzone all'infinito. Ma è difficile accettare chi rinnega così platealmente il suo passato, al punto da affermare di non riuscire più ad ascoltare i primi dischi dei Dire Straits.
Dubito che oggi ci sia un ragazzino che fra vent'anni si ricorderà di queste sue ultime canzoni o che per loro chiederà "Papà papà, chi è questo?". O forse sono io che sono rimasto un nostalgico sognatore degli anni '80, uno che continua a non buttare le proprie cianfrusaglie e le vecchie cassette per paura di diventare definitivamente grande.

5 commenti:

king ha detto...

Ti basterebbe parlare con le mie figlie di 7 e 4 anni e forse cambieresti leggermente idea. Benchè io condivida diverse tue opinioni, penso che ad esempio Speedway at Nazareth sia tra i masterpiece della produzione di Knopfler al pari di "Telegraph Road" (il the non c'è) che rimane comunque a il capolavoro assoluto di Mark. D'altro canto la testardaggine e la caparbietà di Knopfler sono una garanzia assoluta sull'irreversibilità della sua svolta artistica pertanto, ahinoi, sempre più cornamuse e sempre meno schitarrate. Un peccato, ma ci restano comunque i Dire Straits da ascoltare alla prima occasione.

Antonello Vanzelli ha detto...

Ciao King, grazie del tuo intervento. Mi fa piacere sapere ci siano anche nuove leve che apprezzino, ma è indubbio che l'ultimo Mark Knopfler sia poco considerato dalle ultime generazioni. Poi, sia chiaro, le sue scelte sono assolutamente rispettabili e dignitosissime, perchè non si è certo messo a fare canzonette usa e getta, tutt'altro. E' che non mi piace vedere come lui stesso abbia quasi rinnegato quel suo fantastico passato, è una cosa che non capisco.

Anonimo ha detto...

grande mark Knopfler e poi non e' uno zomibie e' invecchiato molto bene

Antonello Vanzelli ha detto...

Concordo, continua a rimanere sinonimo di qualità. L'ultimo album, sebbene lontano dalle prime cose, suona proprio bene.

Anonimo ha detto...

pur essendo stato un fan sfegatato dei Dire Straits negli anni 80 e 90, ad oggi, sarà perché sono invecchiato anch'io, preferisco ascoltare le migliori canzoni di MK solista rispetto a quelle (anche se sempre godibili) dei Dire Straits.
Ha sfornato alcuni capolavori assoluti, con abbinamenti perfetti di musica e testo, e che testi!!
Una su tutte: So Far From The Clyde (che ancora non ha fatto dal vivo... Speriamo nel tour di quest'anno...)