Per quelle volte che cantavamo "Freedom" in macchina con Antonio e Mino.
Per quelle volte che suonavamo "Sangue impazzito" e "Europa 3" con Pio, Giovanni e Frank.
Per quella volta che Francesca mi regalò la cassetta di "Senzatempo", con Pedrini e Renga che in quella copertina camminavano verso orizzonti distanti.
Per quella volta che Ciro mi disse che adorava "Serpenti in amore". Per quell'altra in cui Mino disse lo stesso di "Lulù".
Per quel lontano concerto a Castellana Grotte, e per quell'altro ancor più lontano, a Potenza, con Pedrini che si lanciò dal palco.
Per Don Luigi, Aldo, Scapuma e Caimano e le cinque volte che ho visto "Un Aldo qualunque".
Per quella volta che tornai a casa e lessi che Pedrini aveva avuto un aneurisma e stava morendo, rischiando di lasciarmi ancora più solo.
Per i ritagli delle testate musicali che conservo gelosamente.
Per quelle cassettine dei live dei Timoria che registravo da Radio Italia.
Non ho motivi per andare a Londra, ma che ci vado a fare ad un concerto di Omar Pedrini lo so di sicuro...
OMAR PEDRINI - 20 LUGLIO 2014 - CENATE SOTTO (BG)
Omar Pedrini lo avevo incontrato qualche mese fa, alla presentazione-showcase in Feltrinelli a Milano. Un abbraccio molto intenso tra domande e pezzi acustici, ma non un vero concerto. Mi sono perso l'intensa data di Carugate, ma a questa non potevo mancare.
Raggiungo Cenate di Sotto - con gli amici Antonio e Christian - intorno alle 20.30. La piazza è ancora sonnecchiante, molta gente che cena, altri che chiacchierano bevendosi una bionda, mentre Riky Anelli e il suo gruppo ultimano il soundcheck. Tocca a loro scaldare gli ultimi scampoli di luce tra i monti orobici.
Il loro folk riverbera Van De Sfroos, con spruzzate di Nomadi e Modena City Ramblers, ma sanno tenere bene il palco e il pubblico apprezza.
Sono le 22 quando le luci si abbassano e sul palco sale Omar Pedrini con la sua band. Nessuna parola, poche note e nel buio parte "Via Padana Superiore". E' un inizio sfolgorante e sono già brividi. "Corron le auto, corre veloce il tempo", e ne è passato da quel lontano 1995 e da quel sempre vicino al cuore "2020 Speedball", ma canzoni come questa tagliano lo scorrere del tempo.
Quando poi la via lascia strada ai bagliori che arrivano da "Verso Oriente", i brividi sottopelle iniziano a scalciare prepotentemente. Il pubblico canta a gran voce quello che fu un duetto da annali con Eugenio Finardi, e che resta magica anche nella solo-version. Dopo questo splendido uno-due, il rocker bresciano saluta i suoi fan, spiegando che "Via Padana Superiore" risentiva dell'eco delle grandi strade americane, la Route 66 per esempio. "Loro hanno queste strade grandissime, che vanno da una costa all'altra. Noi abbiamo vie più piccole, ma non è detto che i nostri sogni non siano più grandi...". Applausi a scena aperta.
E' il momento delle "Storie dal Pianeta Blu" e del suo ultimo singolo. Sto parlando di "Nina" e dei ricordi di questa saggia in là con gli anni. Come tutto l'ultimo corso dello Zio Rock, è una ballata dolceamara, ma che abbraccia.
Si ritorna al presente, e sul palco appare una bimba, piccola ma tenace, che tira qualcosa di più grande di lei: è "Gaia e la Balena", uno dei pezzi migliori dell'ultimo lavoro. Omar inciampa nella prima strofa, ma la canzone resta meravigliosa, e lascia spazio a "Che ci vado a fare a Londra?", il fortunato singolo che ha trainato l'album sino a sfiorare la top ten FIMI. La piazza - nel frattempo gremitasi - la canta all'unisono, segno che è arrivata. E sul finale c'è anche spazio per omaggiare i Pink Floyd e la loro eterna "Another brick in the wall".
Dalla City si vola in direzione Olanda. Le note sono infatti quelle della ritmata "1971 (Live in Amsterdam)", contenuta nel meraviglioso "El Topo Grand Hotel", che superò il disco d'oro ad inizio millennio (quando ancora si assegnava alle 50mila copie vendute). Da quell'album avrei pescato altrove, e penso a "Mandami un messaggio" o alle struggenti "Cielo immenso" e "Vincent Gallo blues", ma Cenate balla e apprezza, tra citazioni morrisoniane e melodie intrecciate a "Sex Machine" di James Brown.
Pedrini gioca con i suoi compagni d'avventura: alla chitarra c'è il fido Marco Grasselli, al basso Larry Mancini e infine "la macchina del tempo" Alberto Pavesi, alla batteria. A volte si avverte una mancanza in questo unplugged. E' la voglia di elettrico che vibra in Omar e nella sua band, ma Emergency gli ha chiesto un concerto acustico (dopo l'abbuffata metal dei giorni precedenti, la scelta è comprensibile), e va benissimo così.
Dalle casse risuona l'inconfondibile riff di "Sole Spento" e la luce si spegne definitivamente, riaccendendosi in un coro di voci che cantano con Pedrini dalla prima all'ultima strofa, senza dimenticare i controcanti. Pelle d'oca.
Il rocker si volta verso gli amici di Emergency, chiedendo quanto tempo ha ancora a disposizione, per poi uscirsene con un geniale: "Visto che il tempo che abbiamo è poco, evitiamo la pantomima dell'uscire e poi rientrare. Continuiamo subito a suonare, che ne dite?"
Applausi e sorrisi, e parte una sentita "Redemption song", una di quelle che non stanca mai. Di "Che ci vado a fare a Londra?" ce ne sarebbero di perle da suonare, e Pedrini sceglie uno dei testi più vibranti, quella "Uno Straccio d'anima (Italia)" che è il canto amaro di chi vede il nostro paese calpestato da gente senza scrupoli e dignità. Se nel disco la canzone vira sul rock, la versione unplugged proposta questa sera è più intima e dilatata e le parole sprigionano maggiore forza. Molto bella.
La strada infine si apre in due per "Sangue impazzito", una delle ballate migliori della storia del rock italiano, e che tante giovani band hanno cantato negli anni. E a intonarla ci sono tutti, dai ragazzini alle mamme con i bimbi sulle spalle, quasi fosse un concerto hippie, degna cornice per l'ultimo dei romantici del rock italiano.
Ci sono emozioni che non puoi descrivere, che riaprono porte nascoste. E cosi sgorgano ricordi perduti, amici persi su strade di un futuro divergente, serate di un'adolescenza così vicina eppure già troppo lontana. Omar Pedrini non è tecnico, non è quello che ti fa l'esibizione impeccabile, ma riesce a entrarti dentro, con un sorriso. E allora vedi Antonio e Mino che cantano "Freedom" con te in quella vecchia Ford Fiesta bordeaux scassata, vedi Francesca e quel pomeriggio in cui ti regalò la cassettina, e vedi visi e giorni di un felice passato tornare a riva. E te li ritrovi tutti li, a emozionarti perchè il guerriero c'è ancora, è li, a pochi metri, e continua a rubarti quello straccio d'anima che ogni tanto dimentichi di avere.
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