Sono passati quindici anni e sembra ieri. Era l'ottobre del 1999 e i Dream Theater diedero alla luce un album che ha rappresentato una delle più belle espressioni di progressive metal di tutti i tempi, se non la più bella, un lavoro che sfiora la perfezione. Forse esagero - colpa del tanto amore che provo per questa band - ma "Metropolis Pt. II: Scenes from a Memory" (il loro quinto disco di studio) regala quasi 80 minuti di panorami musicali da lasciar senza fiato, tra tecnicismi esasperati e ballate incantevoli senza tempo.
METROPOLIS PT.2: SCENES FROM A MEMORY - DREAM THEATER
di Antonio Chimenti
C'era ancora Roma nella mia vita, circolavano ancora le cassettine e internet era ancora in divenire. Le ultime sul mondo del rock le captavi dagli amici, o direttamente nei negozi di dischi, e cosi accadde quel giorno di tanti anni fa. Entrai da Magic Sound, piccolo ma fornitissimo negozio di musica, mentre il proprietario era li che ascoltava "Scenes from a memory", appena arrivatogli. Non ci pensai nemmeno un attimo e lo comprai, correndo a casa a gustarmelo. Erano tempi in cui ascoltare un album era qualcosa di magico, proprio come suggeriva il nome del negozio: scartare la confezione, buttarsi sul letto e vibrare sulle prime note che riempivano l'aria, mentre aprivi il booklet con gli occhi di un bambino davanti ai regali di Natale. E poi leggere i testi, assaporando la voce di James Labrie. Bastava schiacciare play e ti ritrovavi immerso da cascate di suoni ed emozioni che pizzicavano le corde più profonde dell'animo.
"Scenes from a Memory" (registrato in sei mesi a Suffern, vicino New York, negli Bear Tracks Studios) è un concept album, naturale sviluppo e conclusione del brano Metropolis Part I: "The Miracle and the Sleeper" contenuto nel precedente "Images and Words". La storia alterna momenti del presente con continui flashback del passato. Il presente è Nicholas, che si sottopone ad una seduta di ipnosi per capire il motivo dei suoi controversi sogni notturni. Scopre di essere la reincarnazione di una certa Victoria Page, uccisa a colpi di pistola nel 1928 ad Echo’s Hill, dal suo ex compagno Julien che, dopo l’omicidio, decide di togliersi la vita davanti all’unico testimone, il senatore Edward Baynes. La matassa si dipana, rivelando che Julien è il fratello dello stesso senatore, che ha avuto a sua volta una relazione segreta con Victoria. Nicholas non è convinto, la storia continua a mantenere delle zone d'ombra. Per questo continua ad indagare nel presente fino ad avere un’ultima visione di come sono andati davvero i fatti. L’episodio è stata solo una montatura: il vero colpevole è il senatore che ha ucciso il fratello e Victoria che aveva deciso di tornare con Julien. Al termine del disco un colpo di scena. Nicholas, contento di aver riportato alla luce i fatti realmente accaduti e ormai libero dagli incubi notturni, viene ucciso a casa dallo psicanalista, incarnazione dello spirito del senatore.
"Originariamente abbiamo discusso davvero moltissimo sulla story-line. Si era pensato anche a storie di invasioni di alieni, al soprannaturale, poi si è arrivati a quella che è stata la scelta definitiva: la morte, lo spirito e la reincarnazione dell'anima. (...) La cosa interessante di questo album è che nasconde un grande lavoro dietro ogni sua parte: soprattutto i testi, per scriverli si è reso necessario studiare. Personalmente amo guardare film e documentari. John Petrucci invece ha approfondito molto lo studio sulla reincarnazione su libri e trattati. Morale: alla fine delle ricerche ci siamo accorti che tutte le religioni sostengono in un modo o nell'altro che la nostra anima sia destinata a permanere dopo la morte. L'idea appartiene a me e a John, ma è stato necessario il duro lavoro di tutti quanti. L'entusiasmo che si è creato poi ha giocato un ruolo altrettanto importante." Mike Portnoy - Tratto da Hard (Febbraio 2000)
Tutta la trama è raccontata meravigliosamente nelle varie tracce che compongono l’album. Tutto parte con la seduta di ipnosi "Regression", un pezzo sussurrato da Labrie e accompagnato dalla chitarra acustica di John Petrucci che dopo "Overture 1928" da il via definitivo all’opera con "Strange Deja vu", una vera e propria esplosione di musica e poesia. Ed ecco la prima ballad,"Through my words", che dà respiro all’ascoltatore e anticipa gli accordi di "Through her eyes" che due tracce più avanti chiuderà il primo atto.
La seconda parte inizia con "Home", che si apre con un incipit orientaleggiante e viene scandita da un riff esaltante. L’album va avanti fino a "The Spirit carries on", ballatona in crescendo di rara maestria che ha avuto il pregio di far conoscere il gruppo alle grandi masse. L’ultimo brano è "Finally Free", un capolavoro nel capolavoro che chiude l’album.
In chiusura una chicca incredibile: l’ultima traccia si chiude con lo stesso fruscio che apre la prima traccia dell’album successivo “Six degrees of inner turbolence”.
Il mio primo loro concerto dei Dream dal vivo con Piero e Ciro all’ippodromo Tor di Valle di Roma, le lezioni di chitarra con il paziente Mino per imparare a suonare "Regression", e ancora le serate a cantare a squarciagola in macchina con Alessio e Chris appena parte "Strande Deja vu"... Tante sono state le situazioni al contorno che rendono l’album e quel periodo unico e irripetibile. E' un disco che continua a regalarmi profonde emozioni e che consiglio di ascoltare ai pochi che ancora non hanno avuto modo di farlo, pochi dischi hanno cambiato la prospettiva come questo.
"Avevamo moltissima voglia di cimentarci nella realizzazione di un concept, abbiamo sempre voluto scriverne uno, anche perché tutti i nostri album preferiti sono dei concept: Operation Mindcrime dei Queesryche, The Wall dei Pink Floyd e il bellissimo Misplaced Childhood dei Marillion. Tutti album che hanno dato una notevole impronta alla nostra crescita. Ci abbiamo voluto provare, senza la pretesa di essere paragonati a quei capolavori." Mike Portnoy - Tratto da Hard (Febbraio 2000)
E invece adesso l'album viene annoverato tra i migliori di sempre. Buon compleanno "Metropolis Pt. 2: Scenes from a memory", grazie delle emozioni, grazie della vita che mi hai regalato.
John Petrucci - Caricatura di Antonio Chimenti |
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