Le estati adolescenziali correvano lungo serate più vuote di un programma di Marzullo con ospite il padre del primo fidanzatino di Belen. Il paese si svuotava - direzione mare - e tu, senza auto, rimanevi su Via Roma assieme agli amici, ai randagi che copulavano tra loro, alle zitelle inacidite e ai bambini che bestemmiavano peggio di Willie, lo scozzese dei Simpson.
Le mie sgraziate fattezze non aiutavano, ero talmente brutto che le uniche a guardarmi erano le donne dei manifesti funebri.
La sceneggiatura era la solita, chiacchierate sul calcio e sui porno di Telecapri, finendo poi a pizza e birra, con i più originali che si spingevano a dire "No, io da questo paese me ne vado!" ed altri che azzardavano magliette con "Fuck the system!", magliette stirate dalla stessa persona con cui vivono ancora, la loro madre.
Quella sera, quando mi avvicinai al bancone della pizzeria, riconobbi un viso conosciuto ed ebbi un soffio al cuore: Massimiliano, il mio compagno di banco delle scuole medie.
Abitava a Taranto, non ci vedevamo da tre anni e nel frattempo ero cresciuto di trentacinque centimetri (!) in altezza. Picchietto sulla sua spalla e lui si gira, mi squadra con una smorfia dubbiosa e poi sgrana gli occhi prorompendo in un "No, non ci credo!"
Non mi aveva proprio riconosciuto, complice lo smodato allungamento fisico. Fu un momento lucente e curioso.
Dopo due minuti mi chiede di seguirlo e mi porta alla sua Punto nera. Dentro c'è Vincenzo, un altro vecchio compagno di classe. E' identico a come lo ricordavo. Busso al vetro e lui con la mano a cucchiaio mi fa: "Cazzo vuoi?"
Io e Massimiliano scoppiamo a ridere. Nemmeno lui aveva capito chi fossi. Bei momenti, se ci ripenso mi scappa un sorriso carico di lacrime. Sono passati quasi quindici anni e non li ho più visti.