23 dicembre 2013

BUON NATALE




Natale era la canzone della Coca Cola, le scuole chiuse e i regali sotto l'albero. Era la pasta al forno di nonna, la tombolata coi parenti e il nonno che ti sgancia furtivamente la 50mila. Era la poesia da recitare in piedi sulla sedia. Ora Natale non è più niente. Si cresce e diventa un giorno come un altro.
Per un'ultima volta, però, voglio tornare in piedi sulla sedia. Voglio infatti ringraziare chi ha seguito questo blog, chi ha scritto e chi ha avuto la pazienza di leggerci, chi ci ha criticato e chi invece ci ha fatto una carezza. Si dice che a fine anno si debbano tirare le somme. Beh, stiamo per tagliare il traguardo delle 60mila visite, un risultato insperato quando io e Antonio Chimenti abbiamo iniziato, quindi non possiamo che abbracciarvi uno ad uno e augurarvi un felice Natale e un ancor più felice 2014.
Si, il Natale non è più quello di una volta. Però la pasta al forno di nonna c'è sempre, e anche il nonno che furtivamente ti sgancia la 50euro. Se poi arrivano gli AC/DC a farci gli auguri, come si fa a non farsi prendere dallo spirito del Natale?


20 dicembre 2013

PERCHE' SANREMO E' SANREMO, FORSE




Un tempo gli uomini andavano a caccia o in guerra. Ora guardano i programmi di cucina in tv. Io nemmeno ce l'ho una tv. E non ne sento la mancanza, quando voglio gustarmi un film o una partita di calcio mi basta la rete ad avere il mondo a portata di mouse. Eppure c'è un programma che seguo ogni anno con lo stesso immutato piacere di quando ero piccolo: il Festival di Sanremo. Aborro quei radical chic che dicono "Ma davvero guardi il Festival? E' il solito schifo!" e poi non si perdono una puntata del Grande Fratello. Anche perchè per parlarne male bisogna vedere e ascoltare. E quest'anno a parlarne male si è cominciato presto: è bastato scorgere i nomi in gara. Una smorfia è scappata anche a me.
Quando ero piccolo, Sanremo era un appuntamento imprescindibile, come Pasquetta con gli amici o il pokerino notturno a Natale. Mamma comprava TV Sorrisi e Canzoni, con la copertina con i cantanti in posa e i testi delle canzoni, e Baudo era sempre lì: lo scongelavano ogni anno appositamente. Mi è sempre piaciuto quel friccicore del primo ascolto, e quella piacevole tensione nell'aspettare uno dei tuoi artisti preferiti, sperando portasse la canzone perfetta. Si, tutto smaccatamente nazionalpopolare, lo ammetto, ma nel jingle "Perchè Sanremo è Sanremo" c'è tutta una tradizione italica dura a morire. E quella tradizione a me piace.

                                       IL CAST DI SANREMO 2014

19 dicembre 2013

IL RITORNO DEGLI AUTARCHICI





Era l'inizio degli anni zero. Con un'amica si discuteva di musica e lei affermava che gli anni '90 avevano sfornato poca musica interessante, o comunque, oltre ai nomi conosciuti, c'era ben poco. A suo avviso, tutto era finito negli anni '70 e '80: non c'erano più band come i Led Zeppelin, gli Who, gli Area, o cantautori come De Andrè e Gaetano. Io al contrario sostenevo che era presto, che bisognava lasciar sedimentare le cose: i grandi vengono sempre fuori alla distanza.
Oggi: 2013 moribondo e 2014 lì lì per nascere. Eccomi sotto il palco dell'Hiroshima Mon Amour, storico locale torinese, con la mia fida Canon. L'età media del pubblico travalica i 35anni: finalmente! Dopo l'ultimo concerto hipster a cui ero stato, mi ha rincuorato non essere il più anziano in sala.

              MASSIMO VOLUME - TORINO 13.12.2013 di Vito Possidente

18 dicembre 2013

QUANDO IL ROCK FINISCE DIETRO LE SBARRE





"E' tanto che non ci sentiamo. Volevo solo farti tanti auguri di buon compleanno. Un abbraccio."
Fa sempre piacere ricevere messaggi del genere a Dicembre quando compi gli anni ad agosto. Chiarimmo in fretta l'equivoco, Emma aveva sbagliato numero ma risposi in modo simpatico (altresì detto piacione) e da lì' iniziammo a messaggiare. Avevo poco più di vent'anni, un'epoca fa: facebook non esisteva e internet lo usavano quattro gatti. A quel tempo la Christmas card della Vodafone era una manna dal cielo. Non sapevo che faccia avesse, eppure nacque del feeling. Fortuna volle che fosse pugliese come me. C'era tuttavia qualcosa che non mi tornava: chiudeva le conversazioni in fretta, spariva per giorni, si nascondeva quando andavo sul personale. Alla fine capii:
"Sei sposata vero?"
"Si."
Aveva anche un bimbo, ma me ne fregai. A quell'età l'ormone è un tifone che travolge tutto, anche la ragione, e non vedevo l'ora di incontrarla. Partii con la mia vecchia Opel Corsa scassata, c'erano 150km da fare. Gli amici puntavano su di me, sembrava quasi una missione.
Respiravo emozione, paura, senso del brivido, eccitazione. Fu bello abbracciarla, persa in un sorriso più lucente del mio. Era lì per me, nonostante un marito, nonostante avesse tutto da perdere.
Non potevamo certo camminare mano nella mano o mangiare qualcosa, c'era il grosso rischio fosse scoperta, abitava in un paesino. Ci fermammo in un parcheggio riparato, per coccolarci. La cosa ovviamente ci sfuggì di mano e ci ritrovammo mezzi nudi. Ero a mille, stava andando tutto bene, quando vidi arrivare la luce dell'auto della polizia. Panico.

                                            ARRESTI ECCELLENTI

16 dicembre 2013

IL MATTINO HA IL PLAGIO IN BOCCA





Non so perchè la questione plagio faccia incazzare così tanto. Se fai notare ad un fan che il suo artista preferito ha scopiazzato dal compagnuccio di banco, sembra quasi tu gli stia insultando la madre. Capisco bene quando le accuse sono infondate (su youtube è pieno di canzoni accomunate tra loro che avranno si e no tre note in comune), ma talvolta lo sporco è talmente evidente che non si può far finta di nulla e nascondere tutto sotto il tappeto (musicale). E certo non cambia nulla prendersela, perchè spesso ci sono dietro strategie discografiche, chiare scelte del produttore o accordi sottobanco che noi non immaginiamo neppure. Insomma, incazzatevi se vi fregano il portafoglio, se vi fanno le corna o se vostra suocera spacca i cabbasisi a oltranza. Per queste cose credo sia inutile. Ora scusate, m'hanno fregato il portafoglio.

                                 NEL GIARDINO DEI PLAGI MUSICALI

13 dicembre 2013

NON TUTTI I CD RIESCONO COL BUCO





Dal pannello di controllo di blogger, si può risalire al modo in cui i visitatori giungono su questo sito. Esempio? In molti gugolano "Beatles sesso droga" e trovano uno dei miei articoli tra i primi risultati.
Quest'estate ho avuto parecchi visitatori che cercavano "Nek flop", perchè si imbattevano in un mio vecchio articolo riguardante il fallimento del film "Laura non c'è". Non cercavano quello, si riferivano evidentemente al flop commerciale del suo ultimo album "Filippo Neviani". Album suonato interamente da Nek, intitolato col suo nome di battesimo e dedicato alla memoria del padre scomparso... Insomma, un lavoro sentito e personale, eppure non è andata come sperava.

          I FLOP DELLA MUSICA - NEK, BRITTI E IL CLAN DELLA DE FILIPPI

12 dicembre 2013

THROUGH THE NEVER, THROUGH THE BUSINESS





Il torneo universitario di calcetto del 2004 rimarrà sempre ben impresso nei miei ricordi. Lo organizzarono dei miei coinquilini, grandi figli di buona donna. Non ci andavo molto d'accordo, erano più piccoli oltre che più stupidi: passavano le giornate a dormire e a cercare un modo per fottere il prossimo. E si, riuscirono a fottere anche me...
Avevo tirato su una bella squadretta, tutti grandi amici quindi risate a non finire. Zero campioni ma eravamo ben messi, e poi lo facevamo per divertirci. Caso vuole che finiamo nel girone dei miei compagni di casa. Entrambi vinciamo le prime due partite. La terza è in programma il lunedi mattina, ma durante il weekend, ricevo una strana telefonata. Numero anonimo... Il tizio, presentatosi come uno degli organizzatori, mi dice che la partita è stata spostata dalla mattina al pomeriggio. Va bene, dico, no problem. Giro di telefonate e avviso tutti.
In casa i miei coinquilini non ci sono per chiedere conferma ma mi fido. E faccio malissimo: era tutto un bluff per farci fuori. La partita era sempre per il lunedi mattina e noi ovviamente non ci presentiamo: perdiamo a tavolino. Quegli stronzi avevano organizzato tutto alla perfezione.
Non è finita. L'ultima partita loro dovevano giocarla con noi, e non erano ancora qualificati. Noi eravamo già fuori ma loro dovevano vincere. Da una parte noi, incazzatissimi; dall'altra loro, tranquilli e tronfi. Andarono sotto 2 a 0 riuscendo a rimontare solo nel finale, ma non oltre il 2 a 2. Giocammo alla morte, e io la ricordo come una delle mie migliori partite di sempre. Non ci qualificammo noi, ma neppure loro, e rosicarono ancora di più, convinti com'erano di essere già ai quarti.
Entrambi i miei coinquilini, qualche giorno dopo, si ritrovarono l'auto con le quattro gomme bucate. Non si venne mai a sapere chi fosse stato...

                          IL FILM DEI METALLICA - FLOP O NO?

11 dicembre 2013

DA MISTER HIDE A DOTTOR JEKILL





Torno giù dai miei solo due volte l'anno. Poco, pochissimo. Una volta lì, ho bisogno di poche cose per stare bene. Tra queste, le mie cianfrusaglie accumulate sin dall'infanzia in cartoni e mobili in garage: in quell'inutile c'è la mia vita. Conservo ancora le orribili sorpresine di gomma del Mulino Bianco di quando ero piccolo, i quaderni delle elementari con su scritto "Bravissimo" della maestra Frigiola. I vecchi Topolino mischiati ai Tutto Musica, gli Sgorbions e le macchinine tra cui quella che mettendola nel freezer cambiava colore. E che dire dei pacchi di fiammiferi di Italia '90, del marsupio della Juve, dell'orologio di jeans della Benetton e della collezione di fogliettini dei Baci Perugina? Tutto molto kitsch. mio padre vorrebbe buttare tutto. Se ci prova, gli metto la Fanta nel Primitivo.
L'ultima volta, tra l'album di figurine di Beverly Hills 90210 - che avete capito? Era di mia sorella - e quello dei calciatori del 1994, è apparso il più figo di tutti: l'album del wrestling. Ultimate Warrios, Andrè The Giant, Macho Man Randy Savage... Tutti eroi per noi pischelli di inizio anni Novanta. Ci credevamo davvero alle loro sanguinose mazzate e alle incredibili vittorie di Hulk Hogan, che dal coma riusciva sempre a resuscitare e a spazzare via l'Undertaker di turno. Lo trasmettevano su Italia 1 e mi innamorai alla follia di una delle sigle musicali. Non si poteva mica shazzammare a quel tempo, e figurarsi se c'era Yahoo Answers, quindi rimasi con l'atroce dubbio su chi fosse a suonare quell'orgasmante assolo di chitarra.

                              MARK KNOPFLER - MONEY IS NOTHING

9 dicembre 2013

DONNE DU DU DU




Le donne e la musica, un binomio talvolta schizoide. Quanti uomini ho visto immolare i propri ottimi gusti musicali in nome del "triangolino che ci esalta" di Eliana memoria; quanti ne ho visti impazzire di fronte a donne dall'equilibrio di un elefante alcolizzato; quanti altri hanno mollato sconvolti da donzelle con caratteristiche perfette per un racconto di Bukowski. Qualche esempio? Vai col tango, dirige l'orchestra il Maestro Vince Tempera. Ah, è un articolo che mira solo ad essere scherzoso, se non lo dico rischio di ritrovarmi le femministe sotto casa a lanciarmi le molotov...

La Yoko Ono - Si innamorerà perchè suonate in un gruppo. Andrà in estasi, sempre vogliosa di voi e del vostro fascino da rocker maledetto. Quando vedrà che la band vi succhia tre quarti del tempo libero, inizierà a ingelosirsi e farà di tutto per farvela mollare. Quando avrà raggiunto il suo scopo, perderà interesse perchè non siete più così maledetti e vi lascerà.

La commessa - Dopo anni ad ascoltare la musica tunz tunz sparata al massimo dentro Terranova o H&M, ha l'encefalogramma musicale piatto. Se provi a farle ascoltare i Queen, ti lancia dietro un tacco dodici. Se azzardi un cd dei Pink Floyd, ha una crisi epilettica che si stoppa iniettandole in vena un mp3 di Gigi D'agostino. Irrecuperabile. 

                       20 TIPOLOGIE DI DONNE IN MUSICA (E AMORE)

6 dicembre 2013

UNA NOTTE DI ORDINARIA MAGIA





L'università, anni di vino, amici e playstation. Capitavano anche serate grigie, rinverdite da stille di buona musica. Non mi perdevo mai i bellissimi Live di RadioItalia: i Litfiba con Cabo, Enrico Ruggeri, i Timoria e, last but not least, i Negrita.
Correva il 2001 quando andarono a presentare "Radio Zombie", discone dai testi illuminati. Fu una serata particolare, in cui si alternarono video dei loro successi, canzoni live e telefonate da casa. Un ragazzo chiese a Pau: "Senti, ma che vuol dire 'passare dal sesso a fare l'amore?". E lui: "Beh, mi pare abbastanza chiaro. Senti, passami i tuoi genitori..."
Quella serata fu un rock blues intriso di colori pastello. La band riarrangiò i pezzi in chiave acustica e un altro fan lanciò la pietra: "Potrebbe essere l'idea per un disco unplugged?" e il frontman toscano, dalla battuta sempre pronta, rispose: "Si, non sarebbe male. Ma fai il discografico te?"
E' bastato attendere un alito di tempo e il cerchio si è chiuso da solo: a distanza di dodici anni è infatti arrivato nei negozi "Dejà Vu", il doppio live unplugged dei ragazzi aretini. Chissà se quel ragazzo è davvero diventato un discografico, certo è stato buon profeta.

                                        NEGRITA - MILANO 02.12.2013

4 dicembre 2013

LONG WALK TO FREEDOM, LONG LIFE TO ROCK




Le nuvole sono fragili ricordi che se ne vanno altrove.
VideoMusic.
Umberto Smaila e Colpo Grosso.
Gigi la Trottola e le mutandine bianche di Anna.
Le Mille lire di carta con Marco Polo.
"M'avete preso per un coglione..." - "No sei un eroe!"
Le Ragazze Coccodè di Indietro Tutta.
Fujiko che manda in bianco Lupin.
"Sacchi... 3".
Le Polaroid.
Le Ore.
La Girella e lo Yo-Yo Motta.
Il culo della testimonial delle Morositas.
Il Dos e il Das.
Nomi, cose, città.
"Che cavolo stai dicendo, Willis?"
Lamù e il suo completino leopardato.
Il Winner Taco, il Blob - altresì detto Cono Palla - e il Solero.
I gettoni per telefonare.
Moana Pozzi.
Alf e Hazzard.
Attila, flagello di Dio.
Tonino Carino da Ascoli.
"Son sempre io, il paninaro!"

                                                                    ORDINARY LOVE - U2

2 dicembre 2013

SOGNI DI MUSICA E PAROLE



 

Italia, popolo di santi, poeti e navigatori. Questo tanto tempo fa. Non sto a dilungarmi sul perchè i santi siano diventati pedofili e i navigatori degli assassini di gente in crociera. I poeti no, ci sono ancora, anche se non li legge più nessuno. Tutti scrivono e nessuno legge, infatti siamo uno dei popoli più ignoranti d'Europa. I veri poeti degli ultimi decenni si sono reinventati, imbracciando una chitarra e mettendo il sale sulle piaghe della nostra società - penso ai De Andrè, ai De Gregori, ai Guccini.
Dietro ad una grande canzone, a volte, ci sono dei grandi parolieri che rendono speciale l'amplesso tra musica e parole, e qui la menzione è per Mogol o per Valerio Negrini, storico autore dei Pooh.
In Italia, tutti vogliono arrivare, tutti sognano la televisione e la top ten di Itunes, ma c'è bisogno di grandi canzoni, e lì arrivano autori come Roberto Casalino, uno che in pochi anni ha firmato alcune delle più importanti canzoni pop della scena tricolore. Il paragone con i nomi succitati è ancora azzardato ma, se manterrà la testa sulle spalle e l'umiltà che traspare da questa chiacchierata, continueremo a sentirne parlare per tanto tanto tempo.

                                                 INTERVISTA A ROBERTO CASALINO

28 novembre 2013

MI HA DETTO MIO CUGGINO




Anni fa avevo un'amica che mi usava come confessore. Di combinare qualcosa nemmeno a parlarne: dopo un 110 e lode in Scienze del "Che grande amico che sei, mi piace proprio tanto parlare con te", avevo ormai conseguito il master in "Spalla su cui piangere". 'Sta cretina - perchè era una cretina - venne a disperarsi perchè il tizio con cui aveva avuto una breve liaison doveva farsi operare alla testa. Sulle prime accolsi le sue copiose lacrime con molta amarezza d'animo: sembrava sinceramente innamorata e si meritava solo gioia. Quando aggiunse che il tizio doveva andare a farsi operare in Thailandia, qualche dubbio mi venne.
"Si, è un'operazione difficilissima, la fanno solo lì.."
Ora, io non mi intendo di neurochirurgia planetaria, ma a Pukhet il massimo a cui aspirano sono il Dottor Pivetta e il Dottor Alzheimer di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Nonostante le dissi di stare attenta, lei imperterrita passò le due settimane successive a contorcersi per il dolore, aspettando buone notizie. Peccato che il tizio fosse in Italia e si fosse inventato tutto. Lei cominciò a farsi venire qualche dubbio quando lo beccò in giro con un'altra, senza cicatrici e con la sua bella coda di cavallo con le meches. Era la dimostrazione di come le donne innamorate si bevano qualunque cazzata e che alcuni uomini ne sanno una più del diavolo, e che andrebbero presi a cinghiate, anche solo per avere una coda di cavallo nera con i colpi di sole biondi.

                                                      LE LEGGENDE METROPOLITANE

25 novembre 2013

LABIRINTI




Colui che ha inventato i labirinti stava pensando ad una donna. Non esiste mistero più intrigante dell'essere femminile, soprattutto per noi uomini che non abbiamo mai brillato per acume, persi con lo sguardo nella scollatura di qualunque cosa respiri.
Non faccio eccezione, ho incontrato donne il cui equilibrio era un'onda impazzita di emozioni che mi portavano alla deriva. Pochi giorni fa ho parlato di Katia, ora vi narrerò di Monica, la versione 2.0. La conobbi durante il mio anno e mezzo passato in Germania. Tutto nacque casualmente su Facebook, era salentina come me e anche lei viveva per lavoro in quelle gelide lande.
"Perfetto!", pensai. Dio quanto mi sbagliavo. Il fatto che non avesse foto su FB mi tranquillizzava poco, ma quando sei solo come un cane in un paesino di 3mila crucchi, ogni semplice ombra ti sembra una nuova alba.
"Sai, non mi fido di internet, potresti essere un maniaco..."
Non ho la faccia da Pacciani ma aspettai con calma, anch'io desideravo conoscerla meglio. Passarono però i giorni che diventarono settimane che si dilatarono a mesi e l'unica foto che mi mostrò fu quella del suo barboncino. Orribile per di più, sembrava gli avessero scoppiato dei miniciccioli addosso.
"Non mi sento ancora pronta." era la solita tiritera che ripeteva, questo nonostante ci sentissimo quattro volte al giorno al telefono e passassimo le serate a chiacchierare su Msn. La mia pazienza era agli sgoccioli. Lei, mente criminale, se ne accorse e organizzò un appuntamento al buio.
Più che al buio divenne un appuntamento a uno, io e basta. Disse che sua madre non stava affatto bene e che dovevamo rimandare. Nemmeno a scuola se la sarebbero bevuta, faceva prima a dire "ho mal di testa".
Chiusi, ero stanco dei suoi giochetti. Lei ci riprovò a oltranza e ricominciammo a sentirci. Film già visto, nuovo appuntamento e questa volta superò sè stessa. Disse che aveva avuto un brutto incidente e che era in ospedale dopo aver soccorso una donna, ferita nel mega tamponamento. Mi stava sommergendo di bugie, un Michelangelo della cazzata.

       DA GABRI AI PEPERONCINI PICCANTI - LE CURIOSITA' DELLA MUSICA

22 novembre 2013

LIVIDE BUGIE NEL GIARDINO DEL ROCK




Come si fa a giudicare il disco di un amico? Domanda che mi sono posto a lungo. Si, perchè Giovanni Marinelli è un caro amico. Siamo cresciuti nella stessa pozzanghera di paese, 5mila anime in totale. Quante volte è scattata la fatidica frase: "Ma tu, a chi appartieni?", tipico quesito per capire da quale famiglia discendessi. Alla fine, vuoi o non vuoi, ci si conosce tutti.
Io e Giovanni siamo coetanei. Stessa scuola elementare - eggrazie, l'unica - e poi stesso liceo. Partite a pallone no, a lui non piaceva il calcio, prediligeva la musica. E infatti sono sempre stato un passo indietro.
"Ah, sai, è uscito l'ultimo live dei Litfiba, il singolo nuovo spacca!" gli dissi tornando a casa dalla fermata dell'autobus.
"Si? Come si chiama?"
"'Sparami'. Dovresti ascoltarla, veramente bella."
"Ah, ma la conosco già, è anche in 'Mondi sommersi."
Già, sempre un passo indietro.
Se c'è uno che conosce la parola gavetta quello è lui. Sono anni che macina live, sin dai tempi del Camino di Grottaglie. I concerti dei Quasar - il suo primo gruppo - erano dei goduriosi happening, e non solo per quattro gatti raccattati tra i compagni di scuola. Il locale traboccava, non ricordo una loro serata fiacca.
In quel combo c'era Vince Pastano, che, tra i suoi mille progetti (è appena uscito "Lividi", suo ultimo album da solista e ha collaborato proprio a "Oniria"), ora schitarra per Luca Carboni in giro per l'Italia e dona nuova vita ai pezzi storici della musica italiana in "Pop, viaggio dentro una canzone", delizioso contenitore Rai. Nonostante il successo, non si è mai montato la testa, rimanendo umile e gentile: stima infinita.
C'era Tiziano De Siati che sditalinava sulle corde del suo basso con il suo immancabile sorriso contagioso da Cristo compagnone. E c'era il sempre allegro Angelo Nigro a pestare sulla batteria. Insomma, una grande band e un cantante che ha sempre saputo come tenere in mano una platea.
Gli ho sempre invidiato quella sua naturalezza in mezzo alla gente, io che mi emozionavo anche a parlare con una ragazza. Non era solo quello, aveva carisma da vendere, e quello non lo trovi nè al mercato nè su ebay.

                                    ONIRIA - GIOVANNI MARINELLI

20 novembre 2013

IERI ED OGGI




Un'era geologica fa, più o meno ai tempi del college - quanto fa più fico dire college invece di università? - le mie ore libere le passavo al centro informatico. Vendevo di tutto su ebay, leggevo notizie sportive e bazzicavo forum musicali. E' li che conobbi Katia. Avevamo gusti simili e ci scambiamo l'email. Da lì arrivò tutto a cascata...
Ricordo chiaramente quella telefonata lunga quasi due ore, mentre sarei dovuto essere a seguire Mineralogia. Mi chiamò lei e chiacchierammo del più e del meno con piacevolezza raramente provata con una sconosciuta. C'era del feeling, scherzavamo molto, peccato io fossi a Potenza e lei fosse in Inculonia, a Cuneo per la precisione.
Ci scambiammo lunghe lettere romantiche, le mandai una mia foto e, stranamente, non mi trovò repellente, tutt'altro. Peccato che non contraccambiò. Ogni volta trovava una scusa differente, svicolando da attrice consumatissima. Alla fine, ovviamente, la cosa morì da sola in breve tempo. Continuò a cercarmi, ma io ormai ero perso dietro altre gonne.
Rimasi col dubbio su che faccia avesse. Me la immaginavo piccolina, tenera, bel sorriso e con un visetto da sbaciucchiare. Mi ha rintracciato su Facebook pochi anni fa, chiedendomi l'amicizia. Era molto diversa da come me l'ero immaginata, sembrava un rinoceronte. Non brutta, ma certo molto in carne. Io amo la donna formosa, i cassonetti no.

                                               COM'ERANO E COME SONO DIVENTATI

18 novembre 2013

MALEDETTO IL GIORNO CHE T'HO INCONTRATO




Ho un amico, un caro vecchissimo amico a cui voglio molto bene. Con la sua movimentata vita, è sempre riuscito a strapparmi sorrisi e cose buone. Una volta mi raccontò di aver incontrato una spaesata ragazza spagnola e di averla ospitata a casa. Convinto di concludere, si era ritrovato in casa il fidanzato: e mentre rosicava, questi avevano finito per testare il letto di sua madre.
Mi narrò di quando aveva mandato a quel paese tutto il seggio elettorale e di quando uno dei suoi primi amori, spazientita dalla sua pignoleria, era fuggita con un altro.
Tanti anni fa optò per il mare e si imbarcò su un cargo battente bandiera liberiana: un giorno scoprì trasportare droga. Ne uscì bene, mangiando olive greche - specialità del suocero manesco - e perdendo la testa per una divertente svampita fissata con Lucio Dalla.
Con un sorriso ingrigito, mi raccontò di quando rivide tutti i suoi vecchi compagni di scuola, in una maldestra rimpatriata finita in melodramma. E mi confidò dei suoi amori tormentati, per una donna in carrozzina e per un'affascinante burina a cui piaceva farlo strano.
Nel suo momento peggiore si salvò rifugiandosi nella musica di Jimi Hendrix e nei medicinali, per combattere una decennale ansia. Ci riuscì, grazie all'aiuto di una bionda complicata e farmaco-addicted come lui.
Ho imparato tanto da lui. Mi ha insegnato le miserie umane, la dignità, il colore sfumato dell'amore e quello più nitido dell'amicizia, ma soprattutto mi ha insegnato che un sorriso è sempre il film più bello che si possa ammirare. Ho un amico, un caro vecchissimo amico a cui voglio molto bene. Si chiama Carlo Verdone.

                             CARLO VERDONE - TRA FILM E MUSICA

15 novembre 2013

SEMPLICI OMAGGI O PLAGI SPUDORATI?




Nelle scorse settimane, ho cercato di pubblicizzare i miei articoli sui plagi in giro per i gruppi di facebook. In poche parole, se l'articolo trattava dei plagi di Lello Mascetti o di Giorgio Perozzi, io andavo nei gruppi del Mascetti e del Perozzi a postarli.
"Eh ma allora sei bastardo dentro! Ovvio che i fan s'incazzino!"
Alt, bastardo ma diplomatico, approcciavo l'argomento con la massima tranquillità e senza cercare la polemica. Ad ogni modo, qualcuno l'ha presa con filosofia, altri sono rimasti allibiti, molti hanno sbroccato alla grande. Sembrava un festival a chi la sparava più grossa. Qualche esempio? Vai col liscio:
- Picasso diceva: i mediocri imitano, i geni copiano. - Ah beh, se lo diceva lui, allora mettiamoci tutti a copiare i successi del passato, tanto poi arriva Picasso a difenderci dalle cause in tribunale...
- Non credo tu sia obiettivo, perchè sei venuto a dirci che xxxxxxx copia (censuro perchè non è bello fare il nome di Zucchero) e a farci la solita morale. - Si, sono un nuovo supereroe: Il Moralizzatore! Pentitevi sporchi peccatori!
- Io trovo disgustoso muovere queste critiche e opinioni verso l'unico musicista maestro cantante e cantastorie che fa sold out ovunque al mondo dalla polinesia alla patagonia - Tralasciando punteggiatura e maiuscole, ormai optional su FB, mi pare giusto che uno bravo e famoso possa copiare a destra e a manca. Come mi permetto io umile mortale di criticare questo personaggio (sempre quello censurato poco sopra) al di sopra del bene e del male e con l'aureola chiaramente ben in vista?
- E' risaputo che "Diavolo in me" è una cover. - Risaputo? La canzone è accreditata solo a Zucchero, altro che cover. Plagio, null'altro.
- Credo che Joe Cocker sappia di questo o no? Se non l'ha denunciato credo che per lui sia tutto apposto giusto? - Joe Cocker lucido è un ossimoro in termini e lo dice lo stesso Zucchero nella sua biografia. Tour insieme e Cocker che sul palco si presenta ubriaco marcio e cade. Joe a malapena sa come si chiama.
E per finire, un grande evergreen: "Si ma le note sono sette." al quale anche Mr. Lapalisse s'è fatto una risata...

                           I FURBETTI DEL QUARTIERINO MUSICALE

13 novembre 2013

I VIDEO CHE HANNO FATTO LA STORIA



Ero dai nonni, una domenica mattina persa tra tante altre tutte uguali. I primi vagiti dell'estate mostravano colori pastello, vividi come se Dio fosse innamorato e volesse tinteggiare le ombre del mondo. Mi annoiavo, aspettando i miei cugini per correre tutto il giorno dietro ad un Super Santos. Accesi annoiato la televisione, mangiandomi due panzerottini ripieni di marmellata fatti da nonna.
Linea Verde no... Mattina in famiglia? Dio me ne scampi... La Domenica del villaggio? Cugini cari, muovetevi ad arrivare sennò mi faccio una canna di prezzemolo e mentuccia.
Scivolai facile su MTV ed incappai in uno che sembrava molto più sociopatico di me.
Camminava per strada, fregandosene di chi gli si parava davanti ed investendo tutti con menefreghismo poco
british. La veloce parabola dei Verve stava per toccare il suo punto più alto.

                IMMAGINI CHE SANGUINANO E CHE PORTANO ALTROVE

11 novembre 2013

AMICIZIE SUL CIGLIO DEL BURRONE




Erano le 9.30 di un giorno lavorativo uguale a mille altri. Fuori piovigginava, scorrendo come lacrime dalle finestre. Un gatto rimaneva sotto la tettoia, leccandosi una zampa all'infinito, mentre io cazzeggiavo su un forum sportivo: la produzione era ferma e cazzeggiavo beato. Squilla il telefono: "Noooo, sarà quello scassaorganigenitali del coordinatore francese..."
Mi sbagliavo, era uno dei miei migliori amici. A quell'ora mi parve strano.
"We, ciao! Come stai?"
"Tutto ok. Cioè, insomma... Niente, devo dirti una cosa. Possiamo parlare?"
"Che fai, mi chiedi il permesso? Dimmi, dimmi..."
"Antonè, sto male, devono operarmi quanto prima..."
E mentre camminavo, ricaddi sul tavolo, senza forze, balbettando qualcosa di inutile, di stupido. Il cuore cominciò a sciogliersi come pioggia e lacrime mischiate di vuoto. Rimasi con lo sguardo nel grigio esterno, senza respiro, mentre il gatto si voltò verso di me: rimanemmo a guardarci, come se avesse capito, poi tornò a leccarsi la zampa.

                                                 STORIE DI RIPICCHE E DI PERMALOSITA'

8 novembre 2013

GAFFE E FIGURE DI MELMA NELLA STORIA DELLA MUSICA




Una delle tante case in cui ho vissuto nella mia vita era un cadente trilocale in quel della Potenza universitaria. Dividevo la casa con due lavoratori molto più grandi di me.
Uno era un simpatico napoletano, fidanzato con una formosa ricciolona. Si accoppiavano raramente ma quando succedeva, i muri tremavano e partivano i San Gennaro.
L'altro era un nano con la faccia di Gianni Morandi. Nano sul serio, era 1.58cm. Ora, immaginatevi voi un lampione come il sottoscritto - 1.96cm di rara bruttezza - vicino a un Morandino tascabile: sembravamo  Schwarzeneggher e De Vito ne "I Gemelli". Povero, era simpatico ma solo come un cane. In un suo cassetto - perchè ero curioso da fare schifo e mettevo le mani dovunque - trovai una lista di donne dell'est da contattare. Di fianco, evidenziata, la loro altezza. Se è riuscito a trovarne una, i muri non hanno tremato, li avrà rasi al suolo: chissà quanti arretrati...
Una sera, ero solo soletto e stavo preparando il piatto tipico dell'universitario sfigato - penne al tonno suicidato direttamente sulla pasta - quando mi avvicinai alla finestra della cucina. Eravamo al quarto piano e guardai fuori, poco convinto. Strabuzzai gli occhi: "Cazzo, ma quella... Si sta spogliando!"

                            QUELLI CHE LA FANNO FUORI DAL VASO

6 novembre 2013

INTERVISTA A GIANFRANCO MANFREDI




I fumetti sono sempre stati una mia grande passione. Ho dovuto battagliare contro i miei genitori - "Ma quando cresci? Basta con quei giornalini!" - e contro i pregiudizi di amici e donne, ma me ne sono sempre fregato.
Era l'estate del 1997 quando caddi nella rete di Magico Vento, fumetto che mischiava con sapienza i colori del western con l'horror, il giallo ed elementi storici. Ero così "fatto" che passai giorni a cercare di disegnare - malamente - le copertine di "Fort Ghost" e "Artigli", i primi due numeri. Poi lo rilessi, e rilessi ancora, e quelle vibrazioni continuarono sino alla fine della serie, senza soluzione di continuità.
Mi affezionai al suo creatore, Gianfranco Manfredi, di cui avevo già letto altro. Non pensavo fosse stato, tra le altre cose, un cantautore di ottima levatura e sfaccettato scrittore, quello l'ho scoperto col tempo, stimandolo ancora di più.
Si dice che non bisognerebbe mai conoscere uno dei propri idoli. Gianfranco Manfredi è una meravigliosa eccezione, una delle persone più interessanti e godibili che abbia mai incontrato.

                               LA MERAVIGLIOSA ECCEZIONE

4 novembre 2013

I MOMENTI HOT DELLA MUSICA




Mio nonno ha venduto la casa di campagna tanti anni fa ormai. Ho già raccontato di quanto sia stato difficile staccarsi da quei luoghi. Lì sono conservati infiniti momenti di gioco - partite a pallone, a tennis e addirittura a baseball con dei tronchetti di legno indegni - ma anche di lavoro, come le estati passate a mandare avanti le piantagioni di verdure e ortaggi. Erano estati ormonali - quelle di teenager infiammato dai bollori del sesso - che trovavano sfogo sui giornaletti porno o sui doposerata televisivi delle reti private. Altri tempi, altro che youporn.
Quando la vendette, una delle cose più complicate fu il trasloco. Tra le altre cose, c'erano da portare i trattori dalla campagna al mio paese, oltre quindici chilometri da percorrere per strade sterrate e viuzze dissestate. Non erano assicurati e se ci avessero fermato sarebbero stati cazzi.
L'aria di quella mattina settembrina era frizzante, il sole sonnecchiava dietro le nuvole. Nonno Minguccio veleggiava davanti col mitico "Landini" azzurro, io tenevo botta col più piccolo "Same" arancione. Eravamo a metà strada, in un tratturo di pietrisco bianco, quando notai la Uno blu ferma a bordo strada. Sgranai gli occhi: dentro c'era una coppia in atteggiamenti che poco lasciavano all'immaginazione.
L'uomo si accorse di noi e fermo il suo spingere, imprecando. Mio nonno accellerò - è sempre stato pudico - mentre io non potei fare a meno di indugiare sugli abbondanti seni della signorina stesa sul sedile posteriore. Quella mattina ebbi una delle più violente erezioni della mia vita. Altro che youporn.

                  DA JIMI A KYLIE, QUANDO LA TEMPERATURA SI FA BOLLENTE

30 ottobre 2013

E' QUELLO CHE SAI CHE TI UCCIDE O E' QUELLO CHE NON SAI?




Quando uscii dal cinema dopo aver visto "Le ali della Libertà" e "La leggenda del pianista sull'oceano".
Quando Roberto Baggio segnò il pareggio alla Nigeria ad U.S.A. '94.
Quando ho sentito per la prima volta "Sole spento" dei Timoria per radio.
Quando hanno pubblicato le mie poesie. 
Quando mi distesi sulla spiaggia di Dubai, la pelle all'ombra delle palme e lo sguardo sull'infinito rifrangersi del blu sul bagnasciuga.
Quando ho stretto la mano ad Enrico Ruggeri.
Quando rividi dopo due anni il cane di mio nonno e lui mi riconobbe subito, impazzendo ed abbracciandomi.
Quando ho ascoltato "Tutti i miei sbagli" dei Subsonica a Sanremo.

Soffi di vita arrivati da un amico immaginario chiamato destino. Brividi sottopelle che sono lì ancora adesso.
Era la tarda primavera di tanti anni fa quando MTV, invece di mandare le sue solite vaccate modaiole, decise di passare "Non è per sempre" degli Afterhours. Era poco prima di cena e, alla fine del pezzo, avevo la pelle d'oca. Quell'amico immaginario mi disse "non sono immaginario" e mi fece un altro regalo.
Li conoscevo già, da quando ondeggiavano ipnotici nel video di "Voglio una pelle splendida". Mi ero innamorato alla follia della loro Marylin, ripresa poi splendidamente da Mina, ma da lì cominciai a perdermi nei testi di Manuel Agnelli: spesso labirintici, mai rassicuranti, talvolta accoglienti come carta vetrata.

  TRE VOLTE DENTRO GLI AFTERHOURS - di A. Vanzelli, D. Pace e V. Possidente

28 ottobre 2013

SESSO E CANZONI




I ricordi della mia infanzia hanno tinte tutte loro, i pastelli sbiaditi delle foto degli album impolverati e che nessuno apre più. Ogni tanto vado a riguardarle, mi fa stare bene. Io a tre anni, in piedi sulla cucina col pistolino di fuori e il più bel sorriso di sempre. La foto sul canotto a mare. Quel psichedelico pallone giallo con palle verdi e blu, mai visto un altro così. E poi il primo grembiule blu a scuola e la motoretta da poliziotto.
Conservo pochissime foto delle colonie estive passate in Toscana, ed è un peccato: furono giorni incredibili. La prima volta che ci andai avevo appena compiuto sei anni; quei venti giorni volarono senza nemmeno capire cosa stesse succedendo. L'anno dopo ero già più arzillo, col mio (orribile) codino di cui ero tanto orgoglioso. Le ragazze? Erano intralci, null'altro. Io volevo solo giocare a pallone, a pallavolo, e stare a contatto con gli animali e la natura.
Non comprendevo il tempo sprecato da alcuni amici in mezzo alle donnine di tredici anni, e tutte quelle dinamiche ormonali, ero troppo piccolo. Una sera, uno dei più scafati ci prese da parte e cominciò a raccontarci della vita e del sesso. "Il sesso?", pensai, "Sono maschio, cos'altro dovrei sapere?": ero senza speranza.
Ascoltavo con noia, cosa potevano avere di interessante le ragazze? Lui ci chiese se ci eravamo mai... ehm, toccati, e io chiesi: "Cosa mi devo toccare?": senza speranza, al quadrato e col fiocchetto in testa.
Iniziò ad andare nello specifico, spiegandoci come raggiungere il piacere aiutandosi da soli, in attesa di trovare la compagnia femminile per ovviare alla solitudine. Non capii nulla. E mentre loro si ficcavano tra le lenzuola delle belle del campo, io - illuminato - giocavo a pallone. Ho capito tutto ad anni di distanza. Sono però contento così, a sette anni meglio godersi quella cretina ma sana innocenza. Su una cosa aveva dannatamente ragione, il mondo gira e girerà sempre intorno a quella cosa. Cosa? L'asse terrestre no? Maliziosi...

                      QUANDO MUSICA ED EROTISMO S'INTRECCIANO

25 ottobre 2013

LA CADUTA DEL MITO




"Rimango sempre stupito quando vengono ragazze di 20anni a dirmi che vanno pazze per canzoni che ho scritto 25anni fa. Penso che siano istantanee di fasi che tutti attraversano, prima o poi. C'è il periodo in cui sei ribelle e urli "Siamo solo noi", quello in cui vuoi una "Vita spericolata", quello di "C'è chi dice no", dove prendi coscienza del mondo. Sono le fasi che ho attraversato io, con tutti i miei difetti. E' un talento che ho coltivato: ho fatto solo questo, nella vita. Per le canzoni, ho sacrificato tutto. Non ho mai pensato a nient'altro, compresa la mia pelle. L'avrei immolata, non gettata via. Alla fine sono uscite cose che hanno meravigliato anche me. Io la chiamo fortuna." Vasco Rossi - TV Sorrisi e Canzoni.

VASCO ROSSI Pt. 2 di Piero Chimenti

23 ottobre 2013

UN UOMO SEMPLICE IN UNA VITA SPERICOLATA




Non avevo dieci anni quando comprai la prima musicassetta di Vasco Rossi. Ero con mio fratello maggiore e ricordo che il titolare del negozio ci mostrò tutti gli album fin quando non trovammo l'unico che contenesse le canzoni che cercavamo, "Albachiara" e "Vita spericolata". Era "Va bene, va bene così", live del 1984. Delle altre canzoni o di chi fosse Vasco Rossi m'importava poco o nulla, sognavo solo una vita spericolata come quelle dei film!
Fin da allora mi ha sempre colpito il suo modo di comunicare, diretto e semplice. Ciò gli ha permesso di avere al suo seguito milioni di fan, fino a diventarne la guida, il loro Komandante. A tanto incondizionato amore, hanno spesso fatto da contraltare le feroci critiche arrivate taglienti sin dall'inizio della sua carriera. Salvalaggio nel 1980 lo definì un ebete cattivo e drogato. Alessandro Alfieri, saggista e blogger sulla "Guida Filosofia" (da guide.supereva.it) gli ha addirittura attribuito la responsabilità della deriva sociale e culturale del nostro paese.
Per capirci, Vasco o lo si ama o lo si odia, non esistono mezze misure. Per comprendere appieno il perchè del titolo, bisogna fare quattro passi nel passato, e capire come le sue canzoni siano entrate nell'immaginario italico.

                   VASCO ROSSI Pt.1 di Piero Chimenti - Antonio Chimenti

21 ottobre 2013

LA VOCE DELLA BUONA MUSICA




Non ricordo la prima volta che ho ascoltato Radio Deejay. Non appartengo ai nostalgici del Deejay Time, mitico programma di Albertino che spopolò tra la fine degli eighties e i '90. Mi sono avvicinato piano all'emittente di via Massena 2. La musica? Macchè, mai granchè sopportata, a dirla tutta. Sono stato ammaliato, ai tempi dell'università, dalle chiacchierate di Linus e Nicola Savino e dalle gag demenziali di Ciao Belli. Ho scoperto dopo qual era il programma più godibile a livello musicale, uno dei migliori in circolazione. Sto parlando di Tropical Pizza, ad opera di Nikki e Dj Aladin. Rock, metal, pop, hip hop, interviste, live, curiose incursioni nel paranormale, cinema e via così: cosa volete di più dalla vita? Un lucano?

           INTERVISTA A FABRIZIO LAVORO IN ARTE NIKKI - RADIO DEEJAY

17 ottobre 2013

PLAGI MUSICALI





Non ci ho mai capito nulla di matematica. Logaritmi, derivate, funzioni... Vuoto pneumatico, al liceo ero peggio di Zack di Bayside School e Willy, il Principe di Bel Air, messi assieme. Un anno riuscii a sedermi in fondo - miracolo - e la prof si lamentò perchè non prestavo più la stessa attenzione di quando ero al primo banco. Ma de che, seduto davanti ero costretto a guardarla durante le spiegazioni e si era illusa che io le dessi retta, mentre continuavo a pensare al fondoschiena di marmo di Rosa, vicina di aula, e alla squadra per il fantacalcio.
Ai compiti in classe mi barcamenavo scopiazzando a destra, a sinistra e pure al centro, per par condicio. Mai una volta che il secchione biondo della classe mi abbia passato qualcosa, dico una. Si è sposato in fretta e furia dopo aver messo incinta la sua ragazza, come mi dispiace...
All'università ho dovuto ricominciare da zero. Matematica l'ho data sei volte prima di passarla, sei, roba da regalarmi una calcolatrice a forma di orsacchiotto. Alla fine ce l'ho fatta, e senza copiare: il cugino Carlton, Jazz e Screech sarebbero stati orgogliosi di me.
L'ho presa larga, lo ammetto, ma quello che mi ha davvero infastidito è successo quando ho preso la qualifica da ultrasuonista, necessaria per il mio lavoro. Ecco, per due settimane mi sono fatto il mazzo per studiare - anche perchè mi è costata un botto - e fare bella figura, per eventuali agganci lavorativi. L'esame l'ho passato con 85 risposte giuste su 100, un ottimo risultato. Peccato però che mezza classe avesse trovato il giorno prima le risposte corrette - quelle dell'anno prima - e abbia conseguito risultati incredibili. Un tappetto meneghino ha fatto 100 su 100! Ecco, questo qui, sto gran bastardo, si è preso i complimenti pubblici di tutti, facendo la ruota come un pavone mentre io rosicavo. Voi direte, fosse capitato a te avresti copiato tale e quale... Uhhh, come siete pignoli!

   DA ZUCCHERO ALLA NANNINI, DAI LITFIBA ALLA BOYBAND DEL MOMENTO

15 ottobre 2013

QUELLI CHE AVREBBERO MERITATO DI PIU'




Ho ricordi in chiaroscuro del liceo, ombre allungate da un sole freddo. Ero svogliato - quello si - ma dipendeva dallo scarso feeling con me stesso e con chi mi circondava.
Non ero bello, anzi, il classico nerd occhialuto che in genere è l'ideale per il ruolo del secchione. Quando mai: non che fossi il Bruno Sacchi della classe, quello che collezionava 2, intendiamoci, ma mi barcamenavo tra sufficienze approssimative, oltre che tra amicizie prive di spessore.
Non trovavo sostegno neppure nei professori. Ho sempre pensato che il mestiere dell'insegnante sia complicato, ma che sia anche più complicato non finire per diventare dei grandissimi figli di mamma che batte. E' troppo facile stimare il primo della classe, il prof cazzuto invece è con i deboli che trova soddisfazione, aiutandoli a crescere. Peraltro la mia classe era piena di figli di papà e con loro era ancor più facile scivolare verso la deriva personale ed intellettuale.
Vedevo docenti chiudere un occhio in nome del rapporto che li legava al genitore di Gualberto Mangiabudella o di Giuseppina Canistracci mentre io, anche quando studiavo sul serio, mi dovevo accontentare di 6 stropicciati.
Si sa però che, come dice il saggio, "E tira e tira e tira il filo si spezza. E riempi riempi riempi e la bocca strabocca. E ci dai un dito e si prende l'inguine!" e così fu.

                                                  LUIGI TENCO E GLI ALTRI

12 ottobre 2013

I COWBOY NON MOLLANO MAI




C'è stato un momento in cui la carriera di Max Pezzali è arrivata ad un bivio. Sarebbe potuto andare ovunque - nord, sud, ovest, est - eppure a quel bivio ha indugiato troppo. Un paio di album non completamente a fuoco, alcuni singoli sbagliati (evento rarissimo nella sua carriera...) e persino una apparizione poco proficua a Sanremo, nonostante un pezzo dignitosissimo.
Il grande pugile, però, tira fuori sempre il suo destro migliore al round giusto. E cosi Max, pochi mesi fa, ha piazzato un gancio devastante, mettendo al tappeto i suoi affezionati detrattori e riprendendosi lo scettro. Si, perchè "L'universo tranne noi" ha spopolato, diventando uno dei tormentoni dell'estate e riportando le lancette del tempo a venti anni fa, agli "anni d'oro del grande Real" e dei mitici 883.
Alla presentazione del suo nuovo libro, "I cowboy non mollano mai", mi sono ritrovato circondato dall'umanità più disparata, dimostrazione lampante di quanto le sue canzoni siano transgenerazionali. C'era il quindicenne brufoloso che conosce due-tre canzoni recenti perchè le ha sentite alla radio o su youtube, vicino alla ventenne tutta in tiro, in abiti firmati e trucco vistoso. Di fianco a me: da un lato, una matura cinquantenne con la figlia liceale che stringeva tra le mani un vecchio greatest hits; a sinistra una giovane coppia con bimbo di pochi anni, "che porco Giuda potrei essere io qualche anno fa".
Nel bailamme, ragazzini vestiti da rapper, fidanzatini che limonavano beati e anche un sosia di Max: cappellino americano, occhi chiari e persino la stessa dentatura sgangherata di inizio carriera. Non ha lasciato proprio nulla al caso.

       STESSA STORIA, STESSO POSTO, STESSO MAX - MILANO 09.10.2013

10 ottobre 2013

I NOMI D'ARTE, DA GORDON SUMNER A STEVEN TALLARICO




John Deacon da giovane, gli altri due non li conosco.
Quando ero adolescente - non ne sono ancora uscito ma devo pur darmi un tono - facevo un simpaticissimo sciocco gioco con mio cugino Angelo. Ci chiedevamo il nome reale di un cantante e dovevamo indovinare chi fosse. Una cosa tipo: "Chi è Gordon Sumner? Ok, ora dimmi tu chi in realtà si chiama Robert Zimmermann... Ah, non lo sai? Non sai nulla, e ti prendi pure questa: sfiga di suora!"
Che risate grasse... Ah guarda... Che volete farci, sò ragazzi!
Il gioco chiaramente sconfinava nei nomi delle componenti delle band. Quella sera eravamo sul viale di Grottaglie, a cazzeggiare in mezzo alla folla. Dico folla per darmi un tono, c'erano tre sfigati come noi e una coppia di vecchi seduti alla panchina che dissertavano - con pacche vicendevoli e occhiolino - sulle cosce ben tornite della diciottenne appena passata.
"Questa è facile: John Deacon?" mi chiede Angelo a tradimento.
Orco Giuda, panico! Gilmour ce l'ho, John Bonzo Bonham ce l'ho, Deacon mi manca.
"Ma dai, è facilissimo! E' la regina delle band!"
Io, forse distratto dai glutei sodi della tipetta di cui sopra, mi lascio persino sfuggire il chiaro suggerimento ed alzo mestamente bandiera bianca. Gravissimo! Sfiga di suora a me, immortale come John Lennon.
Ah, se non sapete nemmeno chi è Gordon Sumner, tornare a guardare Barbara D'urso, è meglio... 

7 ottobre 2013

LUCIO DALLA, SOGNI E POESIA OLTRE LE NUVOLE




La musica è uno Stargate, la porta d'entrata verso un universo parallelo governato da dinamiche misteriose. Anni fa ho conosciuto Leonardo: brillante, gentile, sempre di buonumore, non si poteva definire bello, quello no. Aveva un faccino comune, era ingobbito e camminava come se avesse sempre un manico di scopa su per il c...appotto. Eppure quando suonava il suo sax diventava affascinante come David Bowie e le donne lo guardavano con gli occhi a cuoricino. C'era una biondina che mi piaceva davvero, Morena. Zero chance, non aveva occhi che per lui. Lo invidiavo, io che non sono andato oltre il flauto alle medie, e anche quello lo usavo più per schizzare di saliva i vicini di banco.
Era simpatico ma con un retrogusto di pesantezza; per lui esisteva solo il jazz e guardava tutti con quella puzzetta snobistica tipica di chi pensa "Voi non capite un cazzo di musica!".
Lasciò l'università - era una chiavica immonda - per seguire il sogno di fare musica. Ho saputo che è finito a lavorare come pizzaiolo e per tirare avanti suona in una cover band di Ligabue. Sono convinto che se ci reincontrassimo, gli troverei ancora in viso il "Voi non capite un cazzo di musica!". Meno male ne capisce lui...
La bellezza e Lucio Dalla non erano sinonimi - quando apparve sulle scene era vestito male e peloso - ma quando lo ascoltavi diventava il più bello di tutti. Anche lui ottimo jazzista, non si è mai posto su un piedistallo, lo snobismo non sapeva nemmeno cosa fosse.

A MODO MIO AVREI BISOGNO DI SOGNARE ANCH'IO di A. Vanzelli - A. Chimenti

1 ottobre 2013

VECCHI AMICI DA RIABBRACCIARE





Sabato sono successe due cose, luccichii da ricordare. Ho incontrato Rocco, un vecchio carissimo amico. Erano quasi otto anni che non ci vedevamo, un'eternità. Eravamo insieme all'università, condividendo i libri, i film, e soprattutto la musica. Partivamo con la sua Punto e un cd nello stereo bastava a farci stare bene. La vita e il lavoro ci hanno allontanato ma quando l'ho visto è come se il tempo ci avesse fatto un regalo, riportandoci alla magia di quei giorni senza lacrime.
Qual è la seconda cosa bella? Sono tornato a casa e ho ricevuto il messaggio di Alessio Ventura, il frontman dei Dhamm, e in un attimo un nuovo balzo all'indietro sulla Delorean dei ricordi, a quando conquistava Sanremo e le platee d'Italia. Parlare con lui è stato come ritrovare un altro amico, uno di quelli che non vedi l'ora di riabbracciare.



    INTERVISTA AD ALESSIO VENTURA - DHAMM di A. Vanzelli - A. Chimenti

27 settembre 2013

LE TRASFORMAZIONI DEI VECCHI COMPAGNI DI SCUOLA




Le estati adolescenziali correvano lungo serate più vuote di un programma di Marzullo con ospite il padre del primo fidanzatino di Belen. Il paese si svuotava - direzione mare - e tu, senza auto, rimanevi su Via Roma assieme agli amici, ai randagi che copulavano tra loro, alle zitelle inacidite e ai bambini che bestemmiavano peggio di Willie, lo scozzese dei Simpson.
Le mie sgraziate fattezze non aiutavano, ero talmente brutto che le uniche a guardarmi erano le donne dei manifesti funebri.
La sceneggiatura era la solita, chiacchierate sul calcio e sui porno di Telecapri, finendo poi a pizza e birra, con i più originali che si spingevano a dire "No, io da questo paese me ne vado!" ed altri che azzardavano magliette con "Fuck the system!", magliette stirate dalla stessa persona con cui vivono ancora, la loro madre.
Quella sera, quando mi avvicinai al bancone della pizzeria, riconobbi un viso conosciuto ed ebbi un soffio al cuore: Massimiliano, il mio compagno di banco delle scuole medie.
Abitava a Taranto, non ci vedevamo da tre anni e nel frattempo ero cresciuto di trentacinque centimetri (!) in altezza. Picchietto sulla sua spalla e lui si gira, mi squadra con una smorfia dubbiosa e poi sgrana gli occhi prorompendo in un "No, non ci credo!"
Non mi aveva proprio riconosciuto, complice lo smodato allungamento fisico. Fu un momento lucente e curioso.
Dopo due minuti mi chiede di seguirlo e mi porta alla sua Punto nera. Dentro c'è Vincenzo, un altro vecchio compagno di classe. E' identico a come lo ricordavo. Busso al vetro e lui con la mano a cucchiaio mi fa: "Cazzo vuoi?"
Io e Massimiliano scoppiamo a ridere. Nemmeno lui aveva capito chi fossi. Bei momenti, se ci ripenso mi scappa un sorriso carico di lacrime. Sono passati quasi quindici anni e non li ho più visti.

                                 COM'ERANO E COME SONO OGGI

25 settembre 2013

STORIE DI TRADIMENTI E DI COERENZA




"La regola dell'amico non sbaglia mai!" cantava Max Pezzali. E' sempre stato due passi avanti, uno slogan terra terra ed eccoti servito il tormentone easy-listening. Probabilmente dell'argomento era un super sayan di terzo livello ma a quel punto io sarei Vegeta.
Si, anche io sono caduto nella ragnatela, vittima di un rapporto ingarbugliato come un gomitolo. Una decina di anni fa ero solito frequentare la casa di una mia compagna di corso, fidanzatissima.
Non è per lei che partii per la tangente - ero molto amico del fidanzato e le donne degli amici non si toccano - ma per la sua coinquilina. Riccia, slanciata, occhi mori da cerbiatta: dopo due volte che l'avevo vista ero cotto marcio, dannazione.
Era troppo bella per me, che a quel tempo avrei fatto invidia a Steve Urkel. Ed era fidanzata, o meglio, frequentava un potentino piacione e pieno di sè, menefreghista come pochi. Aveva già la ragazza, quindi per lui era solo un passatempo.
Mi ritrovai ad essere il confidente e la mia spalla il Kleenex che asciugava le sue lacrime. Quella storiella passò in fretta ma la situazione degenerò. Tornò insieme ad un suo ex, per poi fargli le corna con un altro ex.
Non ci state capendo nulla? Eh, nemmeno io ai tempi. Io ero l'amico, poi c'era il ragazzo cornuto, poi c'era l'ex che tornava a riscuotere una razione extra di quintessenza sessuale.
Fu un periodo strano, uscivamo insieme ma ero l'unico a guardare, quasi fossimo di fronte ad una vetrina di dolci. Lei sceglieva le squisitezze migliori, gli altri spiluccavano di gusto, io restavo con la bava alla bocca.

                      IL TRIANGOLO SI, ERA MEGLIO CONSIDERARLO

23 settembre 2013

ANCHE IO MI BUGO



I pomeriggi in università erano spesso banali ricami di tempo da perdere. Fuori dalle lezioni si partiva cercando di studiare e si finiva a parlare di musica, a giocare a tressette o a rincorrere i sorrisi della più carina, di solito la più dannatamente snob.
Mi annoiavo, seduto a guardare appunti senza nemmeno provare a leggerli quando mi passò davanti Donato, un caro amico, con gli auricolari e lo sguardo assorto. Canticchiava "Io mi rompo i coglioni, io mi rompo i coglioni..."
Conoscendolo, non pensai stesse male, lo sapevo già, per quello andavamo tanto d'accordo. La curiosità iniziò a corrodermi quando continuò a canticchiarla con gusto.
"Donà, cosa minc... Ehm, posso gentilmente chiederti quali siffatte arie musicali stai ascoltando?"
"Oh, ma è Bugo! Non l'hai mai sentito? Troppo forte!"
Sulle prime lasciai perdere. Poi iniziai ad ascoltarlo e mi accorsi che aveva ragione lui. I buoni e i folli, come Donato e Bugo, ti regalano "nuovi rimedi per la miopia" musicale e bisognerebbe sempre ascoltarli. 

                                                                       INTERVISTA A BUGO

20 settembre 2013

DA WOODSTOCK AI FRUTTI AMARI




I miei ricordi degli anni '80 tendono a perdere contorni ma i colori sono sempre lì, caldi come in un quadro di Monet. Ero ragazzino e mio padre uscì per andare a passare la notte in ospedale, per star vicino al nonno che non stava granchè bene.
Avevamo una vecchissima Golf di color celeste metafisico, dagli interni all'Arbre Magique gusto Marlboro e dalle portiere che andavano scassinate per poter salire. Con il candore dei giusti, la lasciò nel parcheggio dell'ospedale.
Dopo aver dormito pochissimo, scese per andare al lavoro e della macchina non c'era traccia. In compenso trovò il guardiano del parcheggio che riuscì a dire un illuminante:"Eh, si, qui le rubano". Genio.
La ritrovammo tempo dopo in condizioni disperate - un'opera warholiana - e senza tutte le musicassette che avevamo. Se ci ripenso mi prende male... La musica con cui ero cresciuto suonava in chissà quale altro stereo, ed allora non c'era certo internet per riscaricarsele al volo. Le cavalcate chitarristiche dei Dire Straits, il rock senza tempo dei Creedence Clearwater Revival (che a quel tempo m'ammorbavano: vai con gli insulti...), Tracy Chapman e le compilation  anni '60 e '70 con il beat e gli urlatori: tutto andato. E se n'era andata anche quella gemma rappresentata dal greatest hits di Joe Cocker.
Mio padre non è mai stato un rocker o uno da concerto ma se si parlava di Woodstock gli si illuminavano gli occhi. Avrebbe tanto voluto esserci. Non me lo vedo capellone a sballarsi con "Hey Joe" di sottofondo, ma il nostro Primitivo di Manduria libererebbe i freni inibitori persino a "sono stanco, vado in pensione" Ratzinger.

                 LE COVER MUSICALI PIU' RIUSCITE E LE PUGNALATE AL CUORE

18 settembre 2013

CHIACCHIERE DA BAR NEL PAESE DEL ROCK



Ci sono persone che hai frequentato e che dimentichi nel tempo di un temporale estivo. Non copincolli negli hard-disk della memoria perchè non ti hanno lasciato nulla, solo noia.
Ce ne sono altre invece a cui bastano poche geniali parole per farsi ricordare. A volte la battuta più che geniale è fuoriluogo ma a distanza di tempo riesce comunque a strapparti un sorriso.
A Scienze Geologiche eravamo pochi, una trentina. Sembravamo una classe di liceali, con cespugli di brufoli e le nostre promesse non sempre diventate futuro.
Stringemmo presto amicizia e non mancavano i personaggi curiosi. In particolare c'era Mario, un tipetto basso e buffo ma dallo sguardo vivissimo. Quella mattina, alla macchinetta del caffè con Giuseppe e Antonella, si parlava - come nelle migliori sceneggiature fatte di fumo - del tempo e della neve caduta copiosa.
Io e Giuseppe ci lamentavamo del freddo - eravamo sotto zero - quando Antonella disse: "Mah, io sto benissimo, quale freddo?"
Mario, con lo sguardo da Pierino e il sorriso più malizioso che ricordi, esplose un "Eh, ma voi donne sotto c'avete il fuoco..."

                         IPSE DIXIT - ROSICONI, ARRAPATI E DEPRESSI

16 settembre 2013

IL ROCK, IL RAP E UN MATRIMONIO NATO MALE



Era un agosto di tanti anni fa, una di quelle estati marchiate a fuoco sul cuore e non un numero qualsiasi come ora. I cani sonnecchiavano all'ombra mentre i salici chiamavano a gran voce un alito di vento, da troppo desaparecido. Era ora di pranzo e io e mio cugino, dopo una mattinata di lavoro nella masseria dei nonni, avevamo lo stomaco che suonava la Nona di Beethoven. Arrivò in tavola il minestrone fumante e nonno Minguccio, prima di iniziare a mangiare, disse:
"Ragazzi, il matrimonio è come questa minestra. All'inizio è bollente, poi si fa tiepida, poi tanto fredda e immangiabile che ti resta sullo stomaco".
Noi ci ridacchiammo su mentre la nonna rimase in silenzio, voltandosi dall'altro lato verso la frittura di zucchine.
Tre anni dopo, i miei nonni festeggiarono le nozze d'oro. Cinquant'anni insieme, mezzo secolo, un'eternità e insieme un che di fuoriluogo in tempi in cui non si combatte più per amore: se qualcosa è appena graffiato si butta e avanti un altro.
Appena dopo la cerimonia, mia nonna era fredda, lucida: mio nonno invece si commosse come un bimbo. Piangeva e io con lui. Una minestra a qualcuno può restare indigesta, o fa finta che lo sia, ma a volte si conserva saporita anche fredda di cinquant'anni.

                  L'ENNESIMA INUTILE CLASSIFICA DI ROLLING STONE

11 settembre 2013

LA STORIA DEL ROCK IN UNA CHITARRA E IN UN SORRISO



Massimo era un mio conoscente, uno di quelli con cui si usciva tutti insieme la sera, pizza, patatine e tante chiacchiere alla Luna. Non l'ho mai considerato amico, non c'era confidenza - e forse nemmeno stima - ma era più grande e chiaramente mi calcolava poco.
Feci un passo verso di lui prestandogli la doppia cassetta di "Viva Litfiba", mi sembrava appassionato di buona musica come me ma, come nelle più banali sceneggiature, quelle due audiocassette non tornarono mai indietro. E da quel momento, per me, Massimo cessò di esistere. Tutto bisogna toccarmi ma non i dischi, in particolar modo se riguardano uno dei miei gruppi preferiti in assoluto.
Ho dei flash viscerali se penso ai Litfiba. Le feste di 18anni con su "Mondi sommersi". O "Colpo di coda" ascoltato durante una gita scolastica, circondato da compagni di classe con cui non avevo nulla da spartire. Il loro rock era l'unico respiro in quegli anni grigi di scuola.
Come dimenticare quelle mattine d'estate con "Spirito" e "Desaparecido" a girare nel walkman, quando la spiaggia si animava di vita e di musica tamarra. Bastava la chitarra di Ghigo per stare bene, bastava pensare al suo sorriso caldo, quello di un vecchio amico che non ti fotterebbe mai i dischi.

                            INTERVISTA A GHIGO RENZULLI - LITFIBA

9 settembre 2013

LA BIBLIOTECA DELLE CURIOSITA' MUSICALI




Le mille lire trovate per caso tra la sabbia che diventavano istantaneamente Fiordifragola o Cucciolone.
La ricciolona convinta che le morissi dietro e la sua faccia quando mi vide con un'altra.
I giornaletti porno scambiati con gli amici.
I bicchieri di plastica ripieni di fette di pesche preparate da mamma da mangiare in spiaggia.
Quella che sembrava un'educanda e a casa aveva un'arsenale di giochini erotici degni del quartiere a luci rosse di Amsterdam.
Quando beccai con un altro la fidanzata di uno dei miei migliori amici. Anche lei sembrava un'educanda.
Le diecimila fregate dal portafogli di mio zio.
Quella luce improvvisa nella notte norvegese. Il bosco si illuminò un attimo di mistero e poi tornò a sognare.
Il bastardino di mio nonno che rincorreva topolini di campagna e lucertole e dopo averli uccisi tornava trionfante per essere coccolato.

Polaroid della memoria. Restano appese con uno sputo e non si staccano. Non hanno bisogno di spiegazioni, ogni tanto le riguardi e stai bene. Poi ci sono quelle che restano alle pareti senza un perchè.

          IL COCKTAIL TRA FREDDIE MERCURY E LADY D E ALTRE FACEZIE


6 settembre 2013

FRANCESCO RENGA, UN ARCOBALENO IN BIANCO E NERO




Copenaghen è un quadro di M. C. Escher, un gioco di prospettive che ingannano continuamente occhi ed emozioni. La capitale danese spennella istantanee che pulsano, facendoti incontrare per strada il bianco e il nero con uguale semplicità: ad una quindicenne in preda alle convulsioni dopo aver preso chissà quale sostanza psicotropa fanno da contraltare persone dalla cordialità e dall'allegria contagiose.
Lungo lo Stroget, erano fin troppi i ragazzi che barcollavano - l'alcool la sera scorre a fiumi nemmeno fossimo nella Camden londinese - e francamente mi aspettavo ben altra civiltà, riguardo la pulizia del luogo pubblico e del rispetto per l'ambiente. Eppure di giorno mostrano una maschera ben diversa, piena di solarità e di apertura mentale verso gli altri che raramente ho trovato in Italia.
Per strada, se hai la cartina aperta per capire come muoverti, sono loro a fermarti per chiederti se hai bisogno di una mano. Ti sorridono a ottantordici denti se li lasci passare per primi, in Italia tirano dritto dandoti una spallata. E' curioso come pur essendo un paese freddo, il loro animo infonda grande calore.
Durante i pochi giorni passati lì, abbiamo incrociato i festeggiamenti del Gay Pride e la città si è tinta ancor di più di allegria. Certo, darei un braccio per capire come faceva quel carro pieno di ballerini a scatenarsi sulle note di "Finchè la barca va" di Orietta Berti. L'ennesimo contrasto di una città che pulsa bianchi e neri ma anche una moltitudine di colori.

               I RIFLESSI IN CHIAROSCURO DI UN TALENTO PURISSIMO               

4 settembre 2013

GLI INCIDENTI NELLA MUSICA



Ho avuto una vita fortunata, non di quelle caramellose alla Dawson's Creek ma di sicuro piacevole, sarebbe sciocco negarlo. E tirarsela adducendo gli adolescenziali "non mi capisce nessuno" sarebbe irrispettoso verso chi davvero ha subito schiaffi e calci dalla vita.
In famiglia godono di ottima salute - oplà, palpatina scaramantica - e di grossi drammi non ne ho mai subiti. Arriveranno, e faranno male, ma non godersi questa quiete renderebbe inutile l'arrivo della tempesta, dentro sarebbe già grigio bufera.
I flash che mi creano subito sudori freddi li ricordo molto bene. Avrò avuto circa dieci anni, e come ogni domenica stavamo andando in campagna dai nonni.
Mancavano pochi chilometri e, dopo una curva, mio padre rallentò bruscamente. Io, sovrappensiero, alzai lo sguardo e vidi la Jetta grigia di mio zio distrutta, la polizia e un capannello di gente intorno. Panico.
Scendemmo in fretta - secondi che durarono mesi - e ci avvicinammo col cuore in gola. Il frontale era stato brutto ma per fortuna stavano tutti bene. Quella che ne uscì peggio fu mia nonna, non ricordo da dove stavano tornando e c'era anche lei a bordo. Prese una brutta botta al braccio ma, oltre a quello, solo graffi e paura. Quella sera, riuniti vicino al caminetto, non c'era musica nell'aria, solo quel retrogusto amaro di esserci andati molto, troppo, vicini.

             DESTINI UGUALI E DIVERSI - RINO GAETANO E PAOLA TURCI